1.09.2012

LA PRODUZIONE DI CARNE BOVINA IN ITALIA


BOVINI DA CARNE


ALLEVATORI ALLE PRESE CON TEMPI MOLTO DURI

Il patrimonio bovino italiano alla fine del 2009 era, in base alle stime della Banca dati nazionale (BDN), di 6.198.252 capi (-1,1% sul 2008); Eurostat indica all’1 giugno di quest’anno (dato provvisorio) un -4,5% sul patrimonio 2009. La BDN rileva a fine 2009 1.779.230 capi con meno di 1 anno ( -4,5% sul 2008), 1.398.031 di età tra 1 e 2 anni ( +1,4% sul 2008), 3.020.991 con più di 2 anni ( -0,2% sul 2008); Eurostat indica al 1° giugno 2010 (dato provvisorio) rispettivamente queste variazioni sul 2009: -2,1%, -0,6%, + 0,1%.
Le macellazioni del 2009 sono state 3.838.286 (fonte: Istat) di cui 2.347.745 vitelloni m/f e 920.366 vitelli; i dati Istat del 1° semestre 2010 evidenziano un calo dell’1% delle macellazioni, stabili i vitelli ma con un significativo - 2% per i vitelloni m/f. I bovini vivi importati nel 2009 (BDN) sono stati 1.317.270 e nei primi sette mesi del 2010 il dato si è mantenuto stabile rispetto allo stesso periodo 2009.
I bovini vivi (peso più di 80 kg) importati dalla Francia nei primi tre mesi del 2010 (fonte: Douanes Françaises) sono stati 231.500 (-5,7%/09), di cui 47.100 capi 80-300/kg (-9,2%/09) e 164.900 capi oltre i 300/kg (-2,8%/09) destinati all’ingrasso. L’importazione di carne (fresca/congelata) nel 1° trimestre 2010 è aumentata del 4,5% sul 1° trimestre 2009 (fonte: Istat). I consumi di carne bovina sono diminuiti: l’evoluzione tendenziale dell’indice delle quantità acquistate (fonte: Ismea - giugno 2010/giugno 2009) è pari a -3,9 %.

LE CRITICITÀ E LE TENDENZE

La produzione di carne bovina in Italia è attualmente caratterizzata da un’accentuazione delle problematiche del settore e le prospettive che si delineano impongono il superamento delle sue maggiori criticità; in questa fase potrebbero definirsi i “fondamentali” del settore per il futuro a medio-lungo termine.


Negli ultimi anni le difficoltà sono aumentate e i dati lo testimoniano: la consistenza del patrimonio bovino si riduce, le macellazioni tendono a diminuire, aumenta l’importazione di carne ed i consumi si contraggono. I prezzi di mercato del bovino da carne non remunerano i costi di produzione, anche con i premi (unico e art.68) e i conti non tornano. I margini di manovra si sono completamente erosi e molti produttori si trovano a dover fare scelte difficili per il loro futuro.
La gran parte degli allevatori specializzati stanno attentamente valutando la possibilità di ridurre drasticamente le immissioni in stalla, se non addirittura chiudere l’allevamento: solo l’attaccamento alla professione e concreti segnali di evoluzione positiva possono farli recedere. I prezzi pagati dalla distribuzione non lasciano margini di redditività alle industrie di macellazione, per cui la filiera risulta complessivamente impossibilitata a generare redditività.
E purtroppo non si tratta di una situazione congiunturale. Il Parlamento europeo, con una sua recente risoluzione, ha preso posizione per un miglior funzionamento della filiera alimentare, parlando di trasparenza dei prezzi, di abuso di potere della Gdo di acquisto e contrattazione, di speculazione, di autoregolamentazione e di sistemi alimentari sostenibili (vedi anche l’articolo a pag. 40 di questo stesso numero, ndr): questioni da affrontare per riequilibrare la catena del valore anche della filiera della carne bovina, dalla produzione fino al prezzo pagato dal consumatore.
L’allevamento italiano ha specificità che determinano, da sempre, un prezzo medio del bovino ingrassato più alto di quello dei competitori europei, ma inserito in una comune dinamica tendenziale (tabella 1); questa dinamica vede il prezzo medio europeo attestato da molti anni su valori che variano all’interno di un range abbastanza definito, a fronte di costi di produzione tendenzialmente in aumento.
Il futuro del settore è abbastanza indecifrabile per la volatilità dei prezzi delle materie prime; questa volatilità (per fatti naturali o speculazione) sconvolge i mercati e le forti e repentine variazioni dei prezzi dell’alimentazione ne sono forse l’aspetto più eclatante, come abbiamo visto negli ultimi 2/3 anni; ma più che la volatilità, è fonte di criticità il livello medio dei prezzi dei bovini in Europa, rapportato a quello di altre aree (ad esempio, il Mercosur) (tabella 2 a pag. 107), dove i prezzi sono sì più bassi (in crescita, però), ma con costi e minori vincoli produttivi che lasciano più ampi margini reddituali.
Il recente documento franco-tedesco sul futuro della Pac sottolinea con forza la necessità di tener presente che i Paesi terzi producono senza rispettare tutte le norme che regolano le produzioni europee: rispettare l’ambiente, il benessere animale e gli altri obblighi costa!
La dipendenza dalla Francia per il ristallo costituisce il condizionamento più forte per l’allevatore italiano.Nonostante i tentativi (vari ma accomunati dall’insuccesso) di dare un minimo di organicità al rapporto tra i detentori dei broutard francesi e gli acquirenti italiani, il prezzo continua ad essere sostanzialmente determinato dagli allevatori d’Oltralpe. Solo riuscendo ad esprimere un approccio coordinato da parte degli allevatori italiani, si potrà incidere sui prezzi.
Cosa succederà se, per esempio, capitali tedeschi acquisteranno broutard dalla Francia per allevarli in Polonia? Per noi sarebbe drammatico. Gli allevatori specializzati sono, inoltre, dotati di significative strutture fisse, che richiedono un impegno finanziario consistente e difficilmente comprimibile.
Sta inoltre emergendo un altro possibile problema per chi alleva bovini da carne: la destinazione del mais agli impianti di biogas. Non si hanno ancora dati di riferimento in merito, ma sta crescendo l’allarme per una possibile riduzione del mais a disposizione per l’allevamento e per la spinta in alto del prezzo di questo cereale: si tratta di un’opportunità di reddito che, se da un lato può allettare chi produce mais, dall’altro può determinare uno stravolgimento del sistema produttivo agricolo delle aree più vocate, inducendo anche l’abbandono dell’allevamento.
Anche l’utilizzo di terreni e tetti di stalle per installare pannelli fotovoltaici potrebbe entrare nelle opzioni di business alternativo dei produttori agricoli.
Altro problema che sta negativamente condizionando l’allevamento dei bovini da carne è il livello patologico raggiunto dalle frodi sull’Iva dei bovini (e delle carni) che entrano in Italia: un meccanismo semplice e collaudato (utilizzo di società di comodo che scompaiono rapidamente) che provoca il rialzo del prezzo di partenza ed abbassa quello di arrivo, creando difficoltà a chi opera correttamente. Opportuni interventi legislativi di “reverse charge”, già operante in altri settori, assieme ad un’intensificazione dei controlli, potrebbero eliminare in fretta questa fonte di distorsione del mercato.

L’ARTICOLO 68

Nel 2011 gli allevatori incasseranno il premio accoppiato previsto dall’art. 68; presumibilmente l’importo sarà attorno ai 45 €/capo. Non sarà invece possibile accedere a quanto previsto per i capi certificati in conformità a sistemi di qualità riconosciuti dal Mipaaf, in quanto entro il 31 gennaio non sono stati approvati i criteri di eleggibilità ed a tutt’oggi è ancora aperta la discussione su come istituire il Sistema di Qualità Nazionale (SQN). Far partire il SQN significa, oltre che attivare i meccanismi previsti dall’art. 68, dotare la filiera di uno strumento per valorizzare la nostra produzione di carne bovina, differenziandola da quella estera per le modalità d’allevamento; non possiamo parlare di carne italiana, perché la parte prevalente dei capi ingrassati non è nata in Italia.
Il sistema è uno strumento di promozione che per funzionare ha bisogno di risorse che, in assenza di quelle pubbliche, debbono essere messe a disposizione dalla filiera, in primis dagli allevatori. Il SQN ha due anime: l’art. 68 ne ha bisogno per attivare l’erogazione di uno specifico premio, ma è fondamentale per attivare la valorizzazione della produzione; non è cosa semplice da definire e da normare, ma ciò non può giustificare l’atteggiamento pervicace di quelle organizzazioni che stanno rallentandone il processo di approvazione.
A livello nazionale da anni si parla di un Piano di settore, ma nulla è stato fatto: definire invece una strategia complessiva è fondamentale per finalizzare al meglio ogni azione, anche in una situazione di forte carenza di risorse.

DOPO IL 2013…

La Pac del dopo 2013 si presenta decisamente problematica per il bovino da carne, con le radicali modifiche che si profilano. Si dovrà lottare per mantenere la parte di reddito che viene dagli attuali premi; dovrà esserci un sistema di sicurezza per contenere l’instabilità dei mercati e, quindi, del reddito dei produttori in caso di perturbazioni dei mercati dovute ad emergenze sanitarie e volatilità dei prezzi. L’Ue dovrà dare la possibilità ai produttori e alla filiera di organizzarsi per raggruppare e adattare l’offerta alla domanda.
Qualcuno afferma autorevolmente che anche gli allevatori dovranno orientarsi al mercato senza integrazioni al reddito, trovando un riequilibrio attraverso il mercato. Può essere anche vero,ma attenzione: questo riequilibrio potrà esservi solo con un aumento del prezzo finale della carne che permetterà un’equa distribuzione di maggior valore lungo la filiera.

L’INTERPROFESSIONE



La finalizzazione degli sforzi della filiera è comunque resa più ardua dalla difficoltà di percorrere la strada dell’interprofessione; una strada per noi nuova e certamente irta di ostacoli, ma che, per la sua importanza, dovrebbe vedere l’impegno di tutte le organizzazioni interessate a trovare i fattori unificanti, anziché i motivi di dissenso.
IntercarnePro (costituita da Consorzio l’Italia Zootecnica, Fedagri, Legacoop-agroalimentare e Assocarni) è un pezzo importante e significativo della filiera del bovino che ha iniziato a percorrere la strada dell’interprofessione, confidando soprattutto nella volontà degli operatori della filiera di unire gli sforzi per definire e sviluppare strategie comuni.

Scritto per PAOLO FALCERI (Responsabile Settore Carni Legacoop Agroalimentare) pubblicato 'Agricoltura Speciale- Ottobre 2010'. p.107-109. Disponibile all'indirizzo: www.ermesagricoltura.it/ . Modificati e adattati per essere postato per Leopoldo Costa.




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