8.27.2012

LINGERIE MEDIEVALE

Una scoperta archeologica in Austria ha sollevato domande riguardo alle abitudini di abbigliamento dei nostri avi. Beatrix Nutz esamina la biancheria intima, l’igiene e il relativo consenso sociale nel XV e nel XVI secolo.

Gli uomini indossavano camicie e brache (mutande medievali simili a pantaloncini dei giorni nostri) e le donne vestivano un grembiule o una blusa e niente mutande. Questo è tutto ciò che abbiamo finora saputo sulla biancheria intima nel Medioevo, ma ora – grazie a dei reperti archeologici provenienti dal Tirolo orientale, in Austria – abbiamo un’idea più chiara di che cosa mettevano alcune donne sotto i loro vestiti.

Il castello di Lengberg, documentato per la prima volta nel 1190, fu ricostruito come palazzo di rappresentanza nel XV secolo, con l’aggiunta di un secondo livello. Durante un’ampia ristrutturazione nel luglio 2008, venne trovato un ripostiglio con degli oggetti che, nel corso della ricostruzione del XV secolo, erano stati scartati e ammassati sotto le assi del pavimento di una stanza al piano superiore. Grazie all’aria secca del ripostiglio, i rifiuti organici – legno lavorato, cuoio (scarpe) e tessuti – sono rimasti estremamente ben conservati; e si può notare che quattro dei frammenti di stoffa assomigliano ai moderni reggiseni.

L’indizio è la presenza di coppe separate e conformate, a differenza delle fasce per il seno in uso nell’antichità, in Grecia e a Roma, consistenti in semplici strisce di tessuto o di cuoio che venivano avvolte attorno al seno con lo scopo di schiacciarlo piuttosto che di metterlo in evidenza. Vi sono alcune fonti scritte medievali riguardo a possibili sostegni per il seno femminile, ma sono piuttosto vaghe sull’argomento. Henri de Mondeville, medico del re di Francia Filippo il Bello e del suo successore Luigi X, scrisse nella sua Cyrurgia nel 1312-20: “Alcune donne... infilano due borse nei loro vestiti, all’altezza del seno, facendole aderire, e ve (nelle borse) li (i seni) inseriscono ogni mattina legandole quando possibile con un nastro in abbinamento”.

Queste “borse” avevano lo stesso scopo delle antiche fasce per il seno, vale a dire contenere seni troppo grossi. Tuttavia, pare che le “camicie con borse in cui le donne mettono i loro seni” di cui Konrad Stolle si lamentava nella sua cronaca della Turingia e di Erfurt nel 1480 ottenessero l’effetto opposto, dal momento che egli conclude la sua descrizione con le parole “assolutamente indecenti”.
Un anonimo autore del XV secolo nella Germania meridionale si riferisce sicuramente alla messa in evidenza del seno nel suo poema satirico nel quale scrive: “Molte (donne) si fanno due borse per il seno, con quelle vanno in giro per le strade, così che tutti i giovani uomini che le guardano possano vedere i loro bei seni. Ma chi ha seni troppo grossi si fa le borse strette in modo che in città non ci siano pettegolezzi riguardo alle dimensioni dei seni”. Come possiamo vedere, i reggiseni medievali avevano un doppio scopo.

La funzione estetica


Due dei “reggiseni” del castello di Lengberg sembrano essere “camicie con borse”. Purtroppo non sono integri ed è rimasta solo una coppa per ciascuno, ma si può presumere che vi fosse dell’ulteriore stoffa sopra le coppe con lo scopo di coprire l’incavo, facendo diventare l’indumento un misto tra una camicia corta, che finiva subito sotto il seno, e un vero e proprio reggipetto. Il terzo “reggiseno” assomiglia molto di più ai corrispettivi moderni ed è probabilmente quello che l’anonimo scrittore tedesco chiamava “tuttenseck” o “borsa per il seno”. Vi sono due larghe fasce per le spalle e i bordi parzialmente rovinati all’altezza delle coppe indicano la presenza di una fascia posteriore.

Questo capo è riccamente ornato con pizzo sulle fasce destinate alle spalle. Tutte le “borse” sono impreziosite nella parte inferiore con pizzi intrecciati e merletti. Il quarto “reggiseno” può essere descritto in modo più appropriato con il termine moderno “corpetto”, una tipologia molto popolare negli anni Cinquanta, ma ancora di moda oggi. Le coppe sono costituite ciascuna da due pezzi di lino cuciti assieme e il tessuto che vi sta attorno si estende fino al limite inferiore della cassa toracica con una fila di sei asole lungo il fianco da allacciarsi con una stringa. Vi sono delle fasce strette per le spalle e del merletto che decora l’incavo.

Due dei reggiseni sono stati sottoposti a datazione al carbonio presso l’Istituto federale svizzero di tecnologia e si è appreso che risalgono a un periodo tra la fine del XIV secolo e la seconda metà del XV. Non sappiamo se tutte le donne nel Medioevo indossassero le “borse per il seno”, ma di sicuro alcune sì. Tuttavia, mentre poteva essere socialmente accettabile ricorrervi per rendere il seno meno evidente, le lamentele e i commenti satirici sulla funzione di messa in mostra suggeriscono che non vi fosse l’approvazione generale.

L’annosa questione delle mutande


Si ritiene che le donne non abbiano indossato mutande fino addirittura alla fine del XVIII secolo. La scoperta di un paio di mutande di lino a Lengberg fa nuovamente sorgere la domanda: sono da uomo o da donna? Le mutande di Lengberg sono di un tipo che si sviluppò alla fine del XIV e durante il XV secolo, quando gli uomini iniziarono a indossare calzamaglie o pantaloni in un pezzo unico invece che due calze separate per ciascuna delle gambe. Le lunghe brache non erano più necessarie per riempire il vuoto tra le due gambe. Una volta aperte, le mutande di Lengberg mostrano un taglio a forma di clessidra con sottili stringhe agli angoli. Sono state rammendate tre volte con pezzi di stoffa, che ora risultano sovrapposti l’uno all’altro.

Dipinti, incisioni su legno e libri che illustrano sia temi sacri sia temi profani mostrano soltanto uomini con indosso questo tipo di mutande: un piccolo pezzo di tessuto che copre le natiche e la zona pubica legato con sottili strisce annodate sull’anca. Quando vengono illustrate donne con delle mutande si tratta sempre di un contesto di “mondo alla rovescia”. Pantaloni e mutande erano considerati un simbolo di potenza maschile e le donne che li indossavano erano mogli aggressive che cercavano di usurpare l’autorità dei loro mariti, oppure donne di dubbia moralità.

Un’illustrazione tratta da un libro, la traduzione tedesca delle Donne famose di Giovanni Boccaccio, pubblicato nel 1474, mostra Semiramide, regina degli Assiri, e due delle sue ancelle con indosso delle mutande. Ma di lei si dice: “Semiramide, una donna che fu moglie di Nino, mascherata come un ragazzo, suo figlio” e “Si crede che Semiramide si sia concessa a molti uomini. Tra i suoi amanti vi fu il suo stesso figlio Ninyas”.

Sia delle mutande sia dei reggiseni si può sostenere la medesima cosa: se anche si riteneva che le donne non dovessero indossarli, questo non significa che esse non lo facessero – specialmente quando tornavano loro utili in determinati giorni del mese. Che cosa facevano infatti le donne durante le mestruazioni? Secondo alcuni racconti, provenienti soprattutto da uomini, non facevano proprio niente, cosa che evoca disgustose immagini di donne che lasciano dietro di sé una scia di gocce di sangue ovunque si rechino. Tuttavia due traduzioni della Bibbia, la Bibbia di Douay-Rheims del 1609-10 e la Bibbia di Re Giacomo del 1611, citano “gli stracci di una donna mestruata” (Isaia 64/6) e delle “pezze mestruali” (Isaia 30/22). Questo testo comporta che il traduttore conosceva il possibile uso di una fascia di stoffa a tale scopo – e delle mutande avrebbero tenuto questi “stracci” al loro posto.

Nel XVI secolo alcune donne italiane indossavano le mutande. Eleonora di Toledo (1522-62) ne possedeva un paio nel 1561 e cinquant’anni dopo molte paia furono confezionate per Maria de’ Medici (1573-1642), la nuova Regina di Francia. Ma il fatto che le donne indossassero mutande da alcuni era ancora giudicato in malo modo. Nel suo Diversarum nationum habitus, del 1594, Pietro Bertelli descrive con indosso delle mutande solo la cortigiana veneziana. Dall’altro lato l’inglese Fynes Moryson, che viaggiò nell’Europa continentale tra il 1591 e il 1595, scrisse riguardo alle donne italiane: “Le vergini cittadine, e specialmente le donne nobili... in molti luoghi indossano biancheria di seta o di lino sotto le gonne”. Ma scrive anche: “Ho visto cortigiane... vestite come uomini, con farsetti e mutande color garofano o di un colore chiaro”.

E pare che anche alcune donne in Olanda indossassero le mutande, perché Moryson ci dice: “Alcune delle donne in vista che non sono in grado di sopportare il freddo estremo... sono solite indossare biancheria di lino o seta”. E le donne inglesi? Elisabetta I indossava le mutande? La sua statua funeraria, eretta nel 1603, mostra un corpetto e delle mutande. Mentre alcuni sostengono che le strette mutande inchiodate sulla statua siano state aggiunte non prima del 1760, l’Accounts of the Great Wardrobe – Resoconto del guardaroba reale – (1558-1603) afferma che John Colte fu pagato 10 sterline per fornire “l’immagine che rappresenta la sua defunta maestà... con uno stretto corpetto e un paio di mutande”. Inoltre, vi è un riferimento alla regina come proprietaria di “sei paia di calze di lino doppio di fine tessuto olandese” ordinate nel 1587. Si tratta di mutande o di calzamaglie?

Ma perché la Regina d’Inghilterra non avrebbe dovuto reclamare per sé lo stesso diritto di indossare mutande che aveva la Regina di Francia? E chi avrebbe osato porre in dubbio la sua scelta di biancheria? E l’Inghilterra del XVII secolo? Nel suo diario Samuel Pepys, sospettando che la moglie lo tradisse, il 15 maggio 1663 scriveva: “Mi vergogno a pensare quali menzogne ho messo in atto per vedere se mia moglie oggi indossava le mutande come è solita fare, e ad altre azioni compiute per i sospetti che avevo su di lei; ma non ho trovato alcuna vera giustificazione”, e il 4 giugno 1663: “... e ho guardato appositamente per vederla indossare le mutande, cosa che – poverina – ha fatto”.
Naturalmente questo non significa che tutte le donne nel Medioevo o all’inizio dell’età moderna possedessero reggiseni o mutande, ma per alcune era così. Considerando che le “borse per il seno” di Lengberg sono state rinvenute in un castello, si può pensare che la biancheria fosse più comune tra i membri delle classi più alte o tra donne che erano, per qualche ragione, non condizionate dagli standard sociali.

Di Beatrix Nutz, estratti dalla rivista mensile "BBC History", (Italia) n. 17 settembre 2012. Compilati, digitati e adattati per essere postato per Leopoldo Costa.

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