1.06.2014

ALLE ORIGINI DEI DENIM E BLUE JEANS

L'invenzione del tessuto si colloca tra le piú importanti della storia e ha contribuito, letteralmente, in maniera vistosa, al benessere dell'uomo, proteggendolo dal fedo e da caldo. Con origini risalenti alla preistoria, fu, in genere, la risultante di due operazioni distinte: la filatura, consistente della realizzazione del filo che formerà il tessuto, e la tessitura, cioè l'intreccio del filo medesimo,da cui scatusce una tela. Se il filo è stato da sempre ottenuto per la coesione di fibre sottoposte a torsione, ilo modo per ottenerlo, dopo una lunghissima fase esclusivamente manuale, con rocca e fuso (peraltro non ancora del tutto scomparsa), agli inizi del XIII secolo, in Occidente, progredí notevolmente, grazie all'adozione del filatoio - detto anche "arcolaio"-, che, meccanizzandola, migliorò la filatura in termini di qualità e quantità.

In pratica le fibre da filare accorpate sulla rocca erano tirate con la mano per formare una piccola striscia che, fissata al rocchetto, attraverso il foro dell'aspo, per la sua rapida rotazione, ottenuta con la trasmissione a cinghia da una grande ruota azionata prima a mano e poi a pedale, si torceva, originando il filo e lo avvolgeva sullo stesso rocchetto. Intorno al 1470 il filatoio si perfezionò con l'adozione delle alette, raffìgurate anche in un disegno di Leonardo, che distribuivano uniformemente il filo sul rocchetto. Per ogni tipo di fibra si avevano fili igroscopicità e resistenza, peculiarità che si trasferivano al relativo tessuto caratterizzandolo.

La machina con la quale si trasformavano i filati in tessuti era il telaio, i cui primi esemplari rimontano al III millennio a.C. Modelli appena piu evoluti consistevano in una sorta di cornice rettangolare, che presto si differenziò in due allestimenti fondamentali: verticale, per poter disporre il tessuto perpendicolarmente al suolo, e orizzontale, con lo stesso parallelo. In entrambi i casi, tra i due lati corti opposti del telaio venivano tesi filamenti fissi, detti "ordito', ai quali si andava a intrecciare, con numerosi pasaggi, un unico filo, detto "trama", sempre complanare al primo.

Quando i nodi vengono ai pettine

Ancora in epoca molto remota, per agevolare il passaggio del filo di trama, comparve il telaio a !iccio, cioè un semplice dispositivo, azionato perlopiù con un pedale, me, dopo avere diviso i fili dell'ordito in pari e dispari, li sollevava alternativamente, aprendo perciò un varco, dello "passo", al rocchetto del filo di trama, che si trasformò in una spola per spostarsi piu agevolmente. Entrata nel passo da un lato, la spola ne usciva dall'opposto per infilarsi subito, nel passo inverso, senza mai essere interotta, per cui l'insieme delle sue estremità laterali andavano a formare la cimosa. Tra un passaggio e l'altro della spola, un apposito pettine serrava sui precedenti il filo della trama, battendolo, e dando cosi al tessuto la necessa ria compattezza. Ogni anomalo intreccio, o nodo, finiva perciò tra i rebbi del pettine, inceppandolo o spezzandosi, da cui il detto secondo il quale "tutti i nodi vengono al pettine".

L' intreccio tra l'ordito e la trama, oggi definito "armatura", restò per millenni a tela, di gran lunga il piú semplice, in quanto si poteva ricavare incrociando, alternativamente, fili di ordito con fili di trama. Il tessuto ottenuto, proprio in ragione di questa costruzione simmetrica, presenta il diritto uguale al rovescio e per realizzarlo sono sufficienti due soli licci, e quando ottenuto da un'unica fibra ne conservava il nome: lana, cotone, lino, ccc, una corrispondenza rimasta a lungo immutata. L'idea di intrecciare fibre differenti forse si ebbe già nell'antichità, ma è nel Medioevo che un gran numero di ibridi del genere furono escogitati e prodotti sistematicamente, esaltandone le peculiarità con varie armature, diverse fra loro e inedite.

L'armatura va immaginata un po' come una molecola, cioè come l'ultima frazione di tessuto che ne possiede tutte le caratteristiche ed è definita da uno schema grafico convenzionale, detto "messa in carta". Al di là della modalità d'intreccio fra i fili di ordito e di trama, esisteva una diversa sollecitazione meccanica: infatti, essendo lunghi quanto l'intera tela, i primi lavoravano in trazione, cioè restando tesi da adeguati pesi; mentre i fili di trama erano privi di qualsiasi tensione. Per tale motivo si fini con lo scegliere il filo d'ordito piú resistente di quello di trama. Tale differenziazione fu il probabile avvio della realizzazione di tessuti a due tipi di filati, cosi da poterne ricavare ibridi capaci di abbinare le peculiarità d'entrambe le fibre.

Stoffe piu morbide e confortevoli

Forse agli inizi del Medioevo all'armatura a tela si affiancò l'armatura a saia a tre, nella quale gli accavallamenti dei fili di ordito su quelli di trama avevano una ripetitività 2-1. In pratica ogni filo di ordito passava sopra due fili di trama e poi sotto il successivo, ripetendo poi lo schema per l'intera larghezza del tessuto, e conferendogli perciò una nervatura obliqua, per lo scarto dei passaggi sopra e sotto. A parità di resistenza, il risultato fu una stoffa piti morbida, che, adattandosi meglio alle deformazioni, rendeva confortevole il vestiario. Per la sua asimmetria, l'armatura a saia fu ideale per la tessitura con due mati a diversa resistenza, poiché richiedevano soltanto telai a tre licci.

Di un tessuto del genere, detto "fustagno" (nome che forse deriva da quello di El-Fustat, capitale dell'Egitto dal 641 al 969, oggi compresa nella Cairo moderna, in cui ne è anestata lo produzione), si ha notizia sin dall'Alto Medioevo. Composto di lino per l'ordito e di cotone per la trama, fu a lungo reputato pregiato e scambiato. Stando alle fonti, ne esisteva una varietà in cui il filo di lino impiegato era tinto di blu con l'indaco: considerando che l'esposizione del filo di ordito su quello di trama era del 66% sul diritto del tessuto, uguale a quello della trama sull'ordito sul rovescio, quel particolare fustagno appariva blu al diritto e bianco-naturale al rovescio. Grazie alle sue qualità, il fustagno divenne in breve molto richiesto, nonostante il prezzo elevato, stimolandone la riproduzione: nel XIII secolo viene esportato in tutta Europa dai nuovi centri di produzione italiana, fra i quali spicca Milano. A Chieri, invece, presso Torino, si avviò poco dopo la produzione di una varietà di colore blu intenso, ottenuta forse solo sostituendo l'indaco con una tinta ricavata dalle foglie e dai fusti del guado (Isatis tinctoria): un tessuto in apparenza dell tutto nuovo e presto esportato dal porto di Genova in Olanda, Inghilterra e, piu tardi, in America.

Alle origini dei blue jeans

Con il crollo del costo del cotone, il fustagno decadde da tessuto pregiato a popolare e, per la sua resistenza, stimolò alcune imitazioni tra le quali il denim, la cui maggiore diversità era proprio nell'aver sempre l'ordito blu e la trama bianco-naturale. Il nome di questa tela - ma non tutti gli studiosi della materia concordano in proposito - deriverebbe dalla corruzione di "serge de Nimes", denominazione con la quale si indicava una stoffa prodolla appunto nella città francese. È comunque certo che fra Nìmes e Chieri si innescò un'accesa concorrenza, proprio per la produzione di un fustagno molto robusto, di colore blu, a partire dal XIV-XV secolo. Ed è altrettanto certo che una robusta tela blu di Chieri si esportava dal porto di Genova, dove, tra l'altro, era usata per confezionare i sacchi delle vele delle navi e per ricoprire le merci accatastate nel porto. E negli stessi anni gli scaricatori del porto ligure iniziarono a farsi confezionare brache fatte con quella robustissima tela blu.

Una seconda ipotesi sostiene invece che che la denominazione inglese scaturi dall'uso, da parte dei marinai genovesi, di analoghe brache dall'inconfondibile colore, assurto in breve a "blu di Genova", che, nella storpiatura della parlata britannica, sarebbe divenuto 'blue jeans'. In entrambi i casi la trasformazione da teli a indumento avvenne a Genova, mentre il termine inglese "jean" è accertato dalla seconda metà del Quattrocento, quando dal suo porto iniziò l'esportazione in grandi quantità di tale tessuto, che in breve s'impose in tutto il mondo.

Quasi quattro secoli piu tardi, nel 1853, un ebreo tedesco emigrato a San Francisco in California, Levi Strauss (1829-1902), riebbe l'idea di realizzare, in piena corsa all'oro, pantaloni indistruttibili a uso dei minatori, muniti questa volta di cinque tasche. E il successo fu tale da farne ancora oggi il capo d'abbigliamento, maschile e femminile, piu prodotto e indossato al mondo: se mai fosse stato necessario a Levi Slfauss un "testimoniai" per quel prodotto, nessuno avrebbe potuto esserlo meglio dell'Eroe dei Due Mondi, che era solito indossarlo!

Gli "ingredienti" - Lino e cotone

Meritano un breve cenno le specie botaniche dalle quali si estraggono le fibre di base del fustagno, il lino e il cotone. Il filo di lino veniva tratto dalle piante di Linum usitatissimum, appositamente coltivate in Palestina e ritenute forse la prima fibra vegetale utilizzata per la tessitura. Si ricavava dal fusto di una pianta alta dagli 80 ai 120 cm, poco ramificata e con piccoli fiori, di un colore variabile dal bianco all'azzurro intenso, che fioriscono solo per un giorno.

La pianta del lino veniva estirpata dal terreno in modo da avere la massima lunghezza della fibra, e quindi fatta macerare, separandone successivamente le fibre tessili dai resti legnosi. Dal punto di vista storico il lino risulta ampiamente coltivato dagli Egiziani, dai Babilonesi e dai Fenici un po' dovunque. Ma solo dopo l'inizio del XIV secolo se ne ebbe una vera diffusione in Occidente, tanto da non risentire la concorrenza del cotone introdotto dagli Arabi.

Dal punto di vista merceologico il lino risulta composto per il 70% di cellulosa, e, in quanto tale, risulta anallergico, abbastanza igroscopico e permeabile alla traspirazione, per cui è ideale per confezionare abbigliamenti estivi, tovagliati, lenzuola, asciugamani e, in generale, tessuti destinati a trovarsi a stretto contatto con la pelle. Altra peculiarità che lo rende ottimo per la biancheria d'uso quotidiano è il sopportare egregiamente numerosi lavaggi, divenendo ancora piú morbido, senza contare che non avendo le sue fibre pelurie superficiali non ne rilasciano, e sono perciò efficaci per strofinacci.

Quanto al cotone, le sue prime tracce risalgono a tre millenni or sono, in Mesopotamla, e forse intorno all'VIII secolo a.C. se ne tentò l'acclimatazione su vasta scala in Assiria, con speCie provenienti dalla valle dell'lndo, esperimento interrotto dalla caduta di Ninive. Pur essendo ampiamente utilizzato come fibra tessile, l'impiego in abbigliamento risale alla metà del Settecento, dopo l'invenzione di una macchina sgranatrice capace di dividere le fibre dai semi in maniera meccanica e veloce. Tra le sue peculiarità, vi è il forte assorbimento dell'umidità, in alcuni casi pari al doppio del suo peso, per cui il sudore è facilmente assorbito e smaltito generando una situazione di benessere in chi l'indossa in estate.

Scritto da Flavio Russo estratto dalla rivista  "Medioevo", anno XV ° 10 (177), ottobre 2011. Compilato, digitato e adattato per essere pubblicato da Leopoldo Costa

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