8.19.2017

ABRAMO,IL PATRIARCA - LA REALTÀ STORICA


Alle origini di ebraismo, cristianesimo e islam c'è lo stesso personaggio: Abramo. Ma qual è la realtà storica dietro il mito dei padre fondatore?

"Mi innamorai di Ur. Di sera la sua bellezza era incomparable, con la ziggurat che si ergeva come un’ombra leggera e quell’immensa distesa di sabbia, dai colori incantevoli, albicocca, rosa, blu e malva". Cosi una turista d’eccezione, Agatha Christie, descrisse negli anni '20 la terra d'origine di Abramo, patriarca degli Ebrei e degli Arabi, capostipite delle tre religioni monoteiste: ebraismo, cristianesimo e islam. Spinta da una curiosità quasi patológica per l'archeologia, la giallista inglese andò più volte nel Vicino Oriente a caccia della storicità dei personaggi e degli eventi della Bibbia. Che cosa trovò? Non molto, a parte un nuovo marito.

In principio fu Abramo.

«La storia dei patriarchi non può essere ricostruita con precisione sulla base dei racconti biblici, e la sua cronologia va tenuta "aperta" dal 2000 al 1200 a. C.» afferma Gianantonio Borgonovo, teologo, esegeta e direttore della Biblioteca Ambrosiana di Milano. «La Bibbia riflette infatti un processo di formazione durato secoli, che la narrazione condensa in appena tre generazioni».

La storia di Abramo è dunque il mito fondatore dei popolo ebraico. Tramandato dapprima oralmente, come era costume nel mondo antico, e frutto di una lunga stratifícazione, il testo bíblico è stato risentto e integrato dagli Ebrei ogni volta che la loro storia lo ha reso necessário. Di riflesso, anche la storia di Abramo si è arricchita e stratificata fino a diventare quella che troviamo oggi nella Genesi.

«Gli Ebrei, come tanti altri popoli, si sono dati un mito delle origini nel momento in cui ne avevano più bisogno» sostiene Mario Liverani, docente di Storia dei Vicino Oriente antico all'Università La Sapienza di Roma. «Al tempi di Mosè, per esempio, quando ci fu la necessità di governare in modo giuridicamente e teologicamente fondato un gruppo di schiavi degli Egizi fuggiaschi (intorno al 1200 a. C) o ancora durante gli esili e dopo la “cattività babilonese" (VI secolo a. C.) quando figli e nipoti dei deportati, una volta tomati in patria, trovarono la propria terra occupata da altri ed ebbero bisogno di testi che sancissero il loro diritto a riappropriarsene. Oggi si potrebbero paragonare alcune pagine del Vecchio Testamento a un testo di propaganda».

Un popolo, un Dio.

Il mito si fonda su un patto tra Yahweh e Abramo. Prima di Abramo, gli dèi erano poco piü di un insieme di statuine che ogni capoclan portava con sé nella propria tenda. Dopo Abramo apparve il dio di Israele, Yahweh. E le promesse che questo dio, nella Bibbia, fa ad Abramo le fa anche alla sua discendenza, gli Ebrei.

L'esperienza di Abramo del resto sembra riprodurre quella del popolo di Israele: pastore nomade che diventa stanziale (l'arrivo nella Terra Promessa), prigioniero che si libera (il ritorno dall'Egitto), profugo che finalmente compera il suo primo pezzo di terra (l’acquisto della grotta di Macpela, dove seppellire la moglie Sara). Non solo. I gesti che Abramo compie, come la circoncisione praticata sui figli e su se stesso, sono il sigillo dell’alleanza tra Yahweh e il suo popolo. Ma l'obbedienza di Abramo, cieca al punto da accettare di sacrificare il proprio figlio Isacco se Dio glielo chiede, non è un’esclusiva dei devoti dell'ebraismo: essa appartiene anche al cristianesimo e all'islam.

Parenti arabi.

Arabi ed Ebrei, due popoli semitici (cioè, per la Bibbia, discendenti di Sem, uno dei figli di Noè), sono fratelli. Abramo ebbe infatti due figli: Ismaele (dalla schiava egizia Hagar) e Isacco (dalla moglie Sara). Dal primo si fanno discendere gli Arabi, detti anche Ismail i tio Agareni. Dal secondo, invece, discenderanno Giacobbe e i suoi figli (dieci avuti dalla prima moglie Lia e dalle ancelle Bila e Zilpa e due, i prediletti - Giuseppe e Beniamino - dalla seconda moglie Rachele), che daranno origine alle 12 tribù “federate", núcleo dei regni futuri.

"Ad Abramo, il padre di tutti i semiti, si rifará l'arabo Maometto, fondatore dell'islam, per conferire alla propria religione il pedigree necessario per competere con ebraismo e cristianesimo" conferma l’islamologo Paolo Branca, docente di Arabo alla Cattolica di Milano. «Maometto, nel VII secolo d. C., utitizzò la figura del patriarca, preesistente sia alla Torah di Mosè sia al Vangelo di Gesú, per collegarsi direttamente al monoteísmo originário: "Non capite dunque? Abramo non era né ebreo né cristiano: era un hanif completamente consacrato a Dio e non era idolatra" (Corano, 3:66- 67)». Abramo è il primo hanif, un “monoteista puro", e il primo muslim, un musulmano, cioè “sottomesso (a Dio)". La religione stessa è detta più volte, nel libro sacro dell’islam, millat Ibrahim, cioè “religione di Abramo".

«Nel Corano» continua Branca «la vicenda di Abramo è modificata per sovrapporsi alla vita di Maometto: come il primo è scelto da Dio per diffondere il monoteismo, abbandona "la casa dei suoi padri"e fonda un luogo di pellegrinaggio (la Kaba), cosi il secondo è scelto per diffondere l’islam, compie la fuga dalla Mecca a Medina (l’Egira del 622 d. C.) e stabilisée alla Mecca il santuario dell'islam».

Erranti.

Ma, per gli storici, da dove venivano gli Ebrei? «La letteratura egizia della fine del II millennio a. C. chiarisce che il termine habiru, da cui forse Ibri (Ebrei), indicava una classe di contadini impoveriti che fuggivano per non diventare schiavi e che si radunavano in gruppi o si univano alle tribù delle zone predesertiche ai margini dello Stato» riprende Liverani. «Una stele dei faraone Seti I proveniente da Bet-She’an, nell’attuale Israele, nomina tribù nomadi in lona: habiru e “figli di Raham", tribù che potrebbe avere avuto come antenato un certo Ab-Raham (“padre di Raham"), cioè Abramo".

Anche sull'origine dei regni ebraici esistono varie teorie. «Tre in particolare» continua Liverani. «Quella, ispirata alia Bibbia, degli Ebrei che conquistano la Palestina manu militari cioè con le armi, quella dell’occupazione per sedentarizzazione di gruppi di pastori nomadi già presenti nell'area e infiltrazione di tribù adiacenti, e quella della rivolta dei contadini e dei pastori contro i Cananei».

Ur dei Caldei, o di chi? 

"Vàttene dal tuo Paese, dalla tua patria e dalla casa di tuo padre, verso il Paese che lo ti indicherò. Farò di te un grande popolo" (Genesi, 12:1-2). Questa è la promessa che, secondo la Bibbia, Yahweh fa ad Abramo, giunto a Harran, in Siria, insieme al padre Terach, la moglie Sara e il nipote Lot. Secondo la Bibbia era partito da Ur, "città dei Caldei". "Nel periodo cui si fa risalire la vicenda di Abramo, Ur era in realtà una dttà sumera e poi babilonese" precisa però Gianantonio Borgonovo. «I Caldei, nomadi provenienti dalla Siria, conquistarono la Mesopotamia solo alla dell’VIII secolo a. C.». La svista di un copista? Secondo alcuni storici questa incongruenza potrebbe essere spiegata come un anacronismo, cioè un fatto, un oggetto o una circostanza collocati in un'epoca sbagiiata (come un orologio da polso al tempo dei Romani).

«Non è un anacronismo» obietta Giovanni Pettinato, docente di Assiriologia alla Sapienza di Roma. «Abramo non c’entra niente con la città sumera di Ur. Nei testi rinvenuti negli archivi di Ebla  in Siria, si parla di un’altra Ur, omonima ma vicina ad Harran, dove Abramo visse con il padre. Mi sembra l’ovvia candidata a essere la patria di origine dei patriarca e della sua famiglia». C'è un altro indizio. «Dove vanno Isacco e suo fíglio Giacobbe a prender moglie? A nord, in Siria, non a Babilonia (a sud) dove invece si trova la "Ur dei Caldei" di cui parla la Bibbia. Per ora il sito non è stato localizzato, ma è sicuramente vicino ad Harran».

Sodoma e Gomorra. 

Altro argomento “scottante” nel racconto su Abramo è l'episodio di Sodoma e Gomorra. Secondo la Bibbia queste due città sarebbero state distrutte da Dio per punire 1’empietà dei loro abitanti.

Abramo cercò di intercedere per i giusti “contrattando" con Yahweh e facendosi alla fine promettere che la distruzione sarebbe stata evitata se avesse trovato almeno dieci uomini giusti. Erano di meno e la città fu cancellata: a salvarsi dal fuoco e dalle fiamme furono solo il giusto Lot e la sua famiglia.

Anche in questo caso le ipotesi avanzate da chi cerca una realtà storica dietro al racconto biblico sono disparate. Il geologo inglese Graham Harris ha sostenuto che nell'area del Mar Morto, probabile scenario del racconto al confine tra due zolle tettoniche in movimento, un potente sisma avrebbe provocato la fuoriuscita di metano sedimentato sotto il fondale. Cosi l'acqua (in realtá il metano) avrebbe preso fuoco. Per il geologo americano Frederick Clapp sarebbe invece stato il bitume presente nell'area e utilizzato dai locali per calafatare barche e cementare costruzioni a essere proiettato in aria da un sisma. Al British Museum di Londra è infine conservata una dettagliatissima tavoletta proveniente da Ninive (Iraq), l'antica capitale assira, dove si descrivono i prodigiosi segni apparsi in cielo all'alba del 29 giugno del 3123 a. C. Nel 2008 i due ricercatori inglesi Alan Bond e Mark Hempsell affermarono di aver calcolato, sulla base dei dati riportati sulla tavoletta, la traiettoria di un asteroide che avrebbe colpito le Alpi in quello stesso periodo lasciando cadere frammenti infuocati sul Mar Morto.

Ritorno alla Storia? 

A riportarci a un contesto storico è però proprio la Bibbia, nelle pagine in cui narra della mone del vecchissimo Abramo: la sua sepoltura avvenne, accanto al corpo di Sara, nella grotta di Macpela, che secondo il testo sacro lo stesso Abramo acquistò dagli Ittiti, cioè dalla popolazione che nella cosiddetta “età patriarcale" contendeva agli Egizi il dominio sulla Palestina.

Testo di Michele Maino pubblicato in "Focus", Italia, Diciembre 2011, n. 62, estratti pp.20-27. Digitalizzati, adattato e illustrato per Leopoldo Costa

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