1.17.2012

TAGLI DI CARNE BOVINA - MERCATO DELL'UNIONE EUROPEA

1.2 Il Mercato dell’Unione Europea

Il settore delle carni totalizza in Europa circa un quarto del valore della produzione agricola totale. Le carni bovine ne rappresentano uno dei comparti più importanti, ma esistono delle differenze rilevanti tra i paesi, sia in ordine al valore che vi assume il comparto bovino (rispetto agli altri, ed in termini assoluti) sia in virtù delle differenze relative ai sistemi zootecnici diffusi, influenzati in primo luogo dalle condizioni ambientali. La produzione media di carni bovine nell’UE a 15 ruota intorno a 7 milioni di tonnellate all’anno, mentre, considerando tutti i paesi dell’Unione Europea si arriva a 8 milioni di tonnellate circa, valore che rappresenta il 13% della produzione mondiale totale.
Nell’insieme dell’UE a 15, circa due terzi delle carni bovine provengono, direttamente o indirettamente, da mandrie a orientamento lattiero, si tratta di un elemento altamente condizionante, poiché implica un’alta correlazione tra le condizioni del mercato lattiero‐caseario, ed in particolare i cambiamenti nel regime di sostegno ad esso indirizzati, e gli scenari che si profilano per il comparto delle carni. In questo paragrafo si traccerà un quadro sintetico del mercato europeo della carne bovina, mentre alla politica comunitaria di settore e agli effetti della stessa sul sistema nazionale è dedicato il prossimo capitolo.
 
1.2.1 Il Patrimonio Bovino 

Tra il 2003 e il 2008, il censimento dei bovini dell’Unione Europea a 15 stati ha fatto registrare una contrazione del 2% e una variazione analoga si è riscontrata per l’UE a 27 (tabella 1.9). A pesare sul bilancio complessivo sono stati i forti ridimensionamenti dei paesi con i patrimoni bovini tra i più consistenti: Germania, Regno Unito, Italia, Danimarca e Irlanda. Il patrimonio è invece aumentato in Francia (solo dell’1%) e nei Paesi Bassi (+6,5%).
Nel 2008, rispetto al 2007, a livello di “nuova” Unione si è avuto un incremento di oltre 283 mila capi (pari a circa lo 0,3%). Se si guarda esclusivamente ai paesi nuovi membri si scopre che qui, invece, tra il 2007 e il 2008 si è avuto un calo nel numero di capi allevati in tutti i paesi, eccezion fatta per la Polonia (+2,9%). Nell’arco dell’intero quinquennio invece, nei paesi dell’Europa dell’est, il patrimonio bovino è aumentato mediamente del 5%.


La lieve espansione del patrimonio bovino europeo del 2008 è riconducibile all’ampliamento delle mandrie di vacche da latte (tabella 1.11) e dei bovini maschi giovani (1‐2 anni). Per questi ultimi, si sono avuti incrementi tra i 4 e i 7 punti percentuali in Francia, Germania e Polonia (paesi che ne sono tra i più forti produttori). Analizzare le consistenze del patrimonio bovino europeo significa necessariamente scontrarsi con la difficoltà di separare l’ambito dell’allevamento da carne da quello da latte, tra loro intrinsecamente legati. L’evoluzione delle consistenze complessive di bovini è infatti largamente funzione della produzione di latte e riflette, con la sua graduale tendenza alla diminuzione, il progresso delle rese a capo, in una realtà in cui la maggior parte dei capi da ingrasso provengono da razze lattiere, questo fenomeno influisce sostanzialmente sull’equilibrio del mercato della carne (Rama, 2007).




Le più importanti consistenze di vacche da latte si trovano in Germania e in Francia. In Francia, primo paese per popolazione bovina totale, il patrimonio di vacche da carne ha superato numericamente la mandria di quelle da latte, che qui è concentrata nelle regioni del nord‐ovest, nel 2001 (Office National Interprofessionnel des Viandes, de l’Élevage et de l’Aviculture).
Il patrimonio di vacche da latte ha da sempre assunto un peso fondamentale nell’ambito delle contingenze europee di bovini; l’importanza di questi capi è andata tuttavia scemando negli ultimi vent’anni. Sotto l’influenza congiunta dell’aumento della produzione individuale, cui si è già accennato, e dell’entrata in vigore delle quote latte nel 1984, i paesi europei hanno iniziato a ridurre le mandrie lattifere mentre la PAC sosteneva le vacche nutrici, vale a dire tutti i capi da carne. Solo a novembre 2008 si è concluso il negoziato sull’Health Check della PAC nell’ambito del quale è stato rivisto il regime delle quote latte (è previsto, tra l’altro, un incremento dell’1% annuo per cinque anni), ma non a questo è dovuta la crescita di vacche da latte censita, tra il 2007 e il 2008, nella maggior parte degli stati membri che, invece, si lega all’aumento dei prezzi del settore lattiero nell’ultimo trimestre 2007.
L’incremento a sua volta ha indotto gli allevatori a trattenere in azienda una parte delle vacche arrivate a fine carriera determinando una lieve dilatazione del patrimonio da latte (+0,4%), cosa che non si verificava da otto anni.
Un brusco ritorno alla normalità nel mercato, dopo questa fase di incoraggiamento, ha determinato un aumento della riforma di vacche solo nell’ultima parte del 2008 e nei primi mesi dell’anno successivo.   In conseguenza di ciò nel corso del 2009 è attesa una contrazione del numero di vitelli da destinare all’ingrasso.

1.2.2 La Produzione Europea di Carne Bovina

L’Europa è il terzo produttore mondiale di carne bovina con un patrimonio che non arriva al 10% di quello globale. La realtà europea è fortemente eterogenea e se ne possono individuare alcuni elementi fondamentali:
 . differenze tra le popolazioni bovine: peso relativo di razze da latte e razze nutrici, importanza di alcune razze particolari dall'elevato potenziale per la produzione di carne;
 . differenze tra tipi di produzione e categorie macellate: vitello, maschi, vacche;
 . differenze tra pesi di finissaggio;
 . l’esistenza di prodotti di qualità e quindi procedure supportate da relativi disciplinari.


Nel 2008 la produzione totale europea è stata di circa 8,1 milioni di tonnellate, in diminuzione dell’1,4% rispetto all’anno precedente. Il consuntivo del 2008 interrompe la fase ascendente nelle macellazioni che era cominciata dopo il crollo del 2005 (tabella 1.12). Tra i primi paesi le flessioni più incidenti si sono registrate in Italia, Irlanda e Regno Unito; proprio quest’ultimo paese era stato protagonista di una crescita tra il 2005 e il 2007, con oltre 120 mila tonnellate di carne macellata in più nell’arco del triennio: il mercato britannico era infatti stato riaperto alla carne di animali adulti dopo che ne era stata vietata la macellazione nel quadro della lotta alla BSE.
La Francia è primo produttore europeo di carne bovina e realizza circa il 20% delle macellazioni dell’UE. Per il 2008, nel paese l’attività di macellazione, in termini di carne prodotta, è rimasta sostanzialmente invariata dopo gli aumenti dell’anno precedente. Si distinguono invece, nei confronti con l’andamento complessivo e vista la loro importanza relativa, Germania e Spagna, in controtendenza al risultato europeo con variazioni positive intorno al 2%.
Nell’ultimo decennio si è assistito complessivamente ad una contrazione strutturale delle macellazioni. Tradizionalmente, nell’ambito dei diversi andamenti di medio‐lungo termine, si inquadrava una componente ciclica con periodi di intensa produzione (a cui faceva riscontro un abbassamento dei prezzi) seguiti da un adattamento dell’offerta (e quindi da una ripresa dei prezzi): l’intero ciclo economico copriva un periodo compreso tra due e tre anni.
Da una ventina d'anni circa, contrariamente a quanto suggerisce questa dinamica, si sono registrati dei profondi cambiamenti di rotta dovuti ai provvedimenti presi nell’ambito della PAC (sostegno dei prezzi, difesa del mercato europeo, quote latte, abbandono progressivo delle tutele, ecc.) ma anche al diffondersi di malattie animali e al loro riflesso sui consumi; si pensi ad esempio al crollo del 2001 provocato dall’emergenza BSE o agli effetti che hanno avuto i focolai di afta epizootica e, più recentemente, quelli di blue tongue (lingua blu). Ne deriva un andamento delle macellazioni fortemente instabile come risulta guardando ad esempio quelle dei bovini adulti che, peraltro, ricalcano il trend dell’intero comparto (tabella 1.13).


La crescita di bovini adulti macellati avutasi tra il 2005 e il 2007 contrasta con la tendenza riduttiva di medio periodo; a ben vedere si è trattato di un parziale recupero dopo il calo del 2005, totalmente vanificato dalla nuova flessione nel 2008. La produzione di carne di vitello, sostanzialmente una sottoproduzione del settore lattiero, è prerogativa di pochi paesi europei, concentrandosi soprattutto in Francia, Paesi Bassi e Italia (grafico 1.5). Nel corso del decennio non è stata soggetta ad una contrazione così accentuata come quella osservata per gli altri bovini. In questo comparto, nel 2003 e nel 2004, le macellazioni hanno perso nel complesso oltre 5 mila tonnellate. Il 2005 è stato invece caratterizzato da una forte espansione, ma dall’anno successivo si è avuto un nuovo ritorno alle variazoni negative, in linea con la tendenza di fondo, che si sono concretizzate col calo del 2006 ed il crollo del 2007, il rilancio del 2008 non è servito a recuperare la contrazione del biennio precedente.




Per 1'intero 2009 si attende un andamento discendente della produzione di carne bovina, effetto dela contrazione della reddività degli allevamenti, conseguente ad una prevista frenata dei prezzi alla produzione e ad un contemporaneo aumento dei costi. In contro tendenza potrebbe risultare il segmento delle vacce da riforma, a causa della minore offerta di latte attesa.

1.2.3 Consumi

Nell'Unione Europea si consumano oltre 8 milioni di tonnellate di carne bovina l'anno. AI 2008, dopo due anni di crescita, li consumo si è contratto del 2,7". I paesi dell'UE a 15 presentano una variazione meno incisiva rispetto agli alt ri; in effetti nell'Unione emergono sit uazioni nazionali molto diversificate. sia per quanto attiene I trend di periodo sia per quanto riguarda I consumi pro capite.
Con riferimento al primo aspetto 51 può affermare che I paesi che hanno trascinato la cresci ta dei consumi europei tra il 2004 e il 2008 (. 2,3") sono stati la Germania, con un aumento complessivo di periodo nell'ordine delle 66.000 tonnellate (nonostante nell' ultimo anno i consumi siano diminuiti del 3%) quindi l'Italia e la Francia. Quest'ultima è il primo consumatore ed ha fatto registrare, nell'arco dell'intero quinquennio, una variazione totale dello 0,7%: un incremento complessivo contenuto dOV1Jto alla riduzione del 2006. l ontana dal maggiori consumatori, la Spagna I\a ridotto I consumi di oltre Il S'lIi nell'ultimo anno, mentre meno consistenti (almeno in termini percentuali) sono state le perdite di Francia (·1,7%), Italia (1,8%) e Regno Unito (3,1%). Il ripiegamento generale di consumi dell'ultimo anno è stato imputato all'aumento diffuso dei prezzi in tutta Europa. A questa generalizzata contrazione si contrappongono Paesi Bassi. Austria e Polonia (tabella 1.14).


Le differenze intracomunitarie, cui si è accennato, si accentuano se si guarda al consumi pro capite e al rapporto tra consumi di carni totali e bovine nelle diverse aree. la varietà rilevabile tra gli stati è dovuta al livello di reddito, alle abitudini di consumo delle popolazioni, quindi alle condizioni climatiche, oppure a fattori culturali, ma anche al significa to che viene dato alra tto del consumo alimentare: affermazione del proprio status sociale, piacere culinario, occasione di convivialitil (INEA 20(4). Non esiste quindi un consumatore europeo· , vi sono Invece differenze notevoli tra gli schemi di consumo del paesi dell'Unione. la carne bovina costituisce, al 2008, poco meno del 20%dei consumi totali di carne (grafico 1.8). Questa percentuale, tuttavia, cambia se si guarda ai paesi del "gruppo storico" o se Invece si fa riferimento al nuovi entrati. Quest i ultimi infa tti sono deboli consumatori di carne bovina che qui rappresenta meno del 10% del totale di quella consumata.
I consumi pro capite confermano questo quadro: il consumo medio di carne bovina nell'Europa dei 27 è stato, nel 2008, di 16,5 kg a persona, ma mentre in Danimarca e in Fraocla (dove quasi un terzo dei consumi carnei sono di bovini) supera i 25 ks. nei paesi nuovi membri è di 7,4 kg.la commissione europea prevede che II consumo in quest'a rea si manterrà su livelli contenuti in quanto l'aumento del prezzi attenuerà reffetto dello sviluppo dei reddit i sulla spesa per i consumi alimentari.






Scambi Extra-UE

Il calo della produzione di carne bovina in Europa si è trasformato in una riduzione di disponibilità interna (e coerentemente anche in una rest rizione delle esportazioni). Questo elemento, combinato con la crescita della domanda interna, ha portato in deficit il bilancio di importaz ioni ed esportazioni delle carni bovine. Si tratta di una situazione di svantaggio qualificata come st rutt urale dagli analisti e che ha visto la percentuale di auto approwigionamento passare dal 102,7% del 1999 al 95,3% del 2008 (tabella 1.15). Il disavanzo si è avuto per la prima volta nel 2003; i da ti FAO (grafico 1.10) most rano che il deficit da allora è andato crescendo fino al 2007, per poi contrarsi solo temporaneamente nel 2008.






















principale cliente dell'Unione Europea, mentre l'America del Sud è il suo primo fornitore, col Brasile in testa. Il Brasile è ormai protagonista globale del commercio internazionale di carne bovina: nonostante un'elevata imposta doganale, il prezzo al mercato della carne brasiliana rimane talmente basso da minnacciare gli allevatori europei. Tuttavia, neel,ultimo anno, sono state le restrizioni sanitarie imposte proprio  al Brasile che, insieme agli ostacoli all'esportazione introdotti dal governo argentino, hanno avvantaggiato le importazione uruguayanne.
Per gli Stati Uniti, nel 2008 al sesto posto tra gli apprvvigionatori di carne bovina dell'Unione Europea
occorre ricordare che questi, Insieme al Canada, godono di un contingente ta riffario preferenziale (Hilton beef) di 11.500 tonnellate di carni bovine, ma i rapporti privi legiati col paese stanno per crescere. Infatti, per risolvere l'a nnosa cont roversia sull'importazione di carne bovina statunitense trattata con ormoni (questione che rischiava di compromettere le esportazioni europee di prodotti come l'acqua minerale italiana), la Commissione Europea ha già firma to un accordo col quale verrà concessa l'apertura di un contingente di importazione di carni bovine di qualità ottenute da animali non trattati con ormoni della crescita, fino a 20 mila tonnellate annue tra Il 2010 e il 2013 e 45 mila a partire dal 2014. Quanto al 2009, nel corso del primo trimestre l'Eurostat ha rilevato un rallentamento degli scambi internazionali conseguente alla crisi economica che ha determinato una consistente frenata tendenziale per le importazioni e le esportazioni extra·UE. In particolare, una riduzione consistente ha interessa to gli aquisti sia di carne fresca (- 39%) sia di carne congelata (-35%) e, In misura più contenuta, le vendite oltre I confini UE (-12% le carni fresche, -25% le carni congelate).

1.2.5 I Prezzi Comunitari

Occorre anzitutto sottolineare che parlare di prezzo comunitario significa nessariamente fare riferimento ad una mera media dei valori dei singoli Stati, non pienamente rappresentativa della complessità del mercato europeo, realtà che racchiude piazze profondamente diverse come è ben visibile guardando alla distanza tra le fasce di prezzo che si formano in Europa per un unico prodotto. Per tale ragione nelle tabelle che seguono sono state riportate, per alcune merci, le quotazioni medie annue di tutti i paesi.
Il prezzo medio comunitario dei bovini adulti da macello è aumentato del 16% tra il 2004 e il 2008. Solo nel 2008 l'incremento è stato del 7% ed ha portato la quotazione media annua a 294,5€ per 100 kg di peso vivo. l'Irlanda ha avuto la spinta più in tensa (+16,5%) per le scarse precipitazioni che hanno rallentato la crescita del foraggio e allungato i cicli di ingrasso. l 'Italia ha mantenuto il primato di paese più caro anche per effetto della scarsità di offerta che ha cara tterizzato il mercato per parte dell'anno a causa della chiusura della frontiera con la Francia.


Guardando al medio periodo, solo nel 2007 si è assistito ad un regresso, mentre complessivamente l'aumento del prezzo nei cinque anni è stato del 16% (tabella 1.18). Tra i paesi che presentano prezzi di fascia bassa, ritroviamo quelli in cui si ha un'elevata incidenza delle razze da latte nell'offerta di carne e quindi carcasse meno pregiate, come i Paesi Bassi e il Belgio (Rama, 2007).
In Austria, Germania e Danimarca i consistenti aumenti delle quotazioni tra il 2005 e il 2006 sono imputabili alla massiccia macellazione di vacche nei primi anni di questa decade che aveva portato anche ad una rarefazione dei capi da ingrasso. Gli aumenti dei prezzi delle vacche nel 2008, particolarmente evidenti in Germania, sono ricollegabili alla riduzione delle macellazioni conseguente all'impennata dei corsi nel settore lattiero. Nel corso del 2009 (grafico 1.11) il ridimensionamento dei prezzi del latte ha determina to il ritorno delle macellazioni, e quindi dell'offe rta, a livelli normali il che ha ridimensionato i prezzi: per le vacche categoria D classe 03 la variazione tendenziale di maggio 2009 è sta ta del 7,6%.



Pubblicato in 'Tagli di Carne Bovina-Studio di Mercato'. Edizione 2010, p.21-37. Camera di Commercio Cuneo. Disponibile all'indirizzo: http://images.cn.camcom.gov.it/f/Biblioteca/58/5813_CCIAACN_2272010.pdf.  Modificati e adattati per essere postato per Leopoldo Costa

No comments:

Post a Comment

Thanks for your comments...