I popoli della Mesopotamia usavano tanto orzo per preparare il pane e la birra.
Il pane era azimo, cioè non lievitato e veniva cotto in forni d’argilla. Anche il miglio e il frumento erano presenti nella cucina Mesopotamica per preparare focacce dolci, insieme alle cipolle si usavano tanto i legumi (fave, lenticchie, piselli).
La carne era più cara del pesce, quindi veniva consumata più raramente, solo in occasione di feste.
I pranzi erano arricchiti dall’uso del latte e delle uova, l’olio veniva ricavato dalla pianta del sesamo.
Gli antichi egizi si nutrivano con cereali, fichi, datteri, ortaggi, birra d’orzo, pane, vino; mangiavano la carne dei bovini, ovini e suini.
Il cibo è per sua natura interculturale, e basta riflettere sull’alimentazione Italiana "tradizionale" per capirlo.
Antica Grecia: alimentazione degli atleti
Gli atleti avevano uno stile di vita e un'alimentazione completamente diversi, austeri, che permettevano loro di rimanere sani e forti. Cosa mangiavano i lottatori e i corridori degli antichi Giochi Olimpici ?: dapprima mangiavano pane, miele, frutta secca, verdure e pesce; solo più tardi si aggiunsero le proteine della carne, che fornivano loro uno stato di eccitazione ed energia superiore, per il poco tempo necessario a fare gli esercizi ginnici.
Il retore greco Filostrato affermava che essi dormivano sulla nuda terra o su pagliericci, si lavavano in fiumi e torrenti e si nutrivano di gallette d'orzo, frutta varia e miele e formaggio caprino con cui preparavano una sorta di fonduta.
Eppure erano rampolli delle famiglie dell'élite, dell'alta società: a loro era infatti riservata la partecipazione alle Olimpiadi e agli altri Giochi, a causa dei costi esorbitanti della preparazione e degli allenatori privati.
L'austerità mirava quindi alla fortificazione del corpo e dello spirito. La dieta, come detto, in seguito si arricchì di carne di bue, di maiale o di cervo arrostita o allo spiedo con erbe aromatiche, e poi anche di minestre di legumi, frumento, pane di farro, orzo e riso, olio di semi, strutto.
Il pesce, soprattutto trote, veniva servito in foglie di vite o di fico, e i dolci, utili agli atleti per l'apporto energetico, erano costituiti da focacce di ricotta, miele o mandorle. E se avevano problemi intestinali, ecco pronti i decotti di alloro o altre piante dalle virtù terapeutiche.
Ecco la dieta tipo prescritta dai medici: a colazione pane e miele, latte di capra e un po' di farina impastata con olio; a mezzogiorno frutta secca, fichi, noci, crostoni di pane di farro con vegetali, olive nere, uova, formaggio caprino e vino mielato; a cena carne allo spiedo o alla griglia con erbe aromatiche, zuppa nera con carne, formaggio, verdure cotte o crude, pesce marinato e frutta. E c'era anche l'antidoping: gli atleti che esageravano col vino venivano esclusi dalle gare. Gli atleti dell'antica Grecia, secondo il Prof. Pezzella, miravano alla bellezza, alla forza, alla determinazione e al coraggio; avevano l'ambizione di conseguire la gloria eterna, in una perfetta sintesi di virtù fisiche e spirituali.
Attraverso alcuni scavi risalenti al 1700-1600 a.C. sono stati rinvenuti dei reperti quali pentole contenenti ancora residui di sostanze organiche, ovvero carne di maiale in brodo vegetale o insieme a zuppe di legumi.
Con la nuova tecnica della gas-cromatografia, si è arrivato ad individuare che la dieta dei micenei era molto proteica e prevedeva soprattutto carni rosse e cacciagione, ma se la dentatura non aiutava allora si ricorreva al pesce; grazie alla spettroscopia atomica applicata alla dentatura del corpo di un’anziana, infatti, si è capito che in casi di gravi problemi dentari era proprio il pesce la maggiore fonte di sostentamento. Ma di certo non si accontentavano di un po’ di carne ! Il tutto era accompagnato da ottimi vini aromatizzati al pino o al pistacchio, o ancora ai frutti di bosco e ribes, ma anche birra e idromele, una bevanda alcolica ottenuta dal miele.
Avevano, dunque, un’alimentazione più ricca e sostanziosa rispetto ai colleghi della restante Grecia, e ciò li aveva portati a possedere una corporatura più solida e massiccia, ed erano anche più alti di dieci centimetri, fattore che li rendeva più avvantaggiati in battaglia e che probabilmente contribuì alla nascita delle leggende sui grandi combattenti micenei, quali Achille, Menelao e Agamennone.
La cucina e l’interculturalismo.
Il pomodoro con cui condiamo la pasta è di origine americana, gli Aztechi lo chiamavano tomatl; fu introdotto nel Mediterraneo dagli Spagnoli, dopo la scoperta dell’America.
L’uso di condire la pasta col pomodoro risale solo all’800 ma è diventato il piatto italiano per eccellenza.
La polenta che d’inverno arriva fumante sulle nostre tavole è fatta col mais, pianta americana, che gli Aztechi chiamavano Centli; portata anch’essa dal Nuovo Mondo ha faticato di più per essere accettata dai contadini italiani, ma già nel’700 era coltivata nell’Italia centro-settentrionale su larga scala.
La cioccolata, che ci dà la carica e colma le carenze d’affetto, è anch’essa originaria dell’America e presso gli antichi popoli mesoamericani i semi di cacao erano considerati l’equivalente del nostro denaro.
Le patate, che noi usiamo cucinare in mille modi, sono di origine andina, la melanzana è indiana portata in alcune parti dell’occidente dagli Arabi nel Medioevo, nel XVI secolo dai portoghesi.
Peperoni e peperoncino sono americani, la maggior parte delle spezie sono di origine asiatica, il caffè proviene probabilmente dall’Etiopia, portato in occidente dagli Arabi.
Il tè, che gli Inglesi sorseggiano amabilmente e che hanno eletto come bevanda nazionale, è originario dell’Asia orientale.
Per non parlare dell’esotismo della frutta: ananas e fichi d’India sono americani, i meloni asiatici.
La canna da zucchero è di origine indiana, ancora nel Medioevo era considerata ancora una "medicina", il riso proviene dall’Asia meridionale.
La maggior parte delle specie di fagioli e zucche sono d’origine centro americana. Infine quando a fine pasto accendiamo una sigaretta o la pipa consumiamo il tabacco, che è l’ennesima pianta di origine americana.
Gli esempi potrebbero continuare…
Se poi pensiamo anche alle abitudini alimentari e sociali odierne dell’italiano medio scopriamo che sta praticando l’interculturalismo alimentare da anni: una volta alla settimana va al ristorante cinese, un "classico" della convivialità da tempo, ogni tanto frequenta i vari ristoranti etnici che propongono cucina indiana, pakistana, africana, messicana, ecc.
In ogni supermercato c’è il reparto "etnico" dove si compra dalla salsa di soia al tofu, dalle alghe commestibili giapponesi alle tortillas. Esistono poi numerose botteghe dove arrivano prodotti di importazione molto graditi agli italiani: frutta esotica cinese, datteri freschi nordafricani, le spezie maghrebine e così via.
La cucina occidentale è interculturale da secoli, da secoli si mescolano ingredienti provenienti dalle più svariate parti del mondo, si creano nuove sorprendenti ricette, si accostano alimenti disparati. L’accostamento di pasta e pomodoro ha dato luogo alla pizza, il prodotto italiano più famoso nel mondo; alcune piante hanno prodotto cambiamenti sociali, come l’introduzione del caffé ha dato origine a quel rito della tazzina di caffé mattiniera e post prandiale così tipico della cultura italiana.
Il cibo è interculturale, e ammettiamolo, i piatti migliori e più creativi derivano proprio dal mescolamento di alimenti di origine diversa…ciò dovrebbe farci riflettere sugli aspetti positivi del mescolamento anche delle culture e delle etnie: le differenze sono una ricchezza perché ci permettono di mescolare, inventare, creare, producendo cose nuove e nuovi sapori, dando forma a nuove idee.
Che noia se in Europa non fossero mai arrivate queste piante, e questi prodotti dal resto del mondo e la cucina fosse rimasta (se lo è mai stata) monoculturale: a tavola in pratica ci sarebbero in pratica pochi tipi di frutta, pere, mele e uva, in primis, i dolci sarebbero addolciti solo col miele, la pasta, fresca o secca, si condirebbe solo col formaggio, le verdure più comuni sarebbero cipolle, carote, insalate…
Il cibo ha costituito nel corso dei secoli una tendenza, ma anche lo specchio delle condizioni di vita della società
Parliamo spesso di cibo naturale, alimentazione tradizionale, ma esattamente in che consisteva l’alimentazione di coloro che sono vissuti in epoche precedenti alle nostre? Nel passato l’alimentazione costituiva un grande problema, produzione di cibo e conservazione rappresentavano qualcosa di molto impegnativo rispetto ai giorni nostri.
Le rese dei campi erano molto inferiori, da un quintale di semente di cereali si ottenevano circa quattro quintali di cereali (ai tempi nostri se ne ottengono trenta), mentre gli animali da allevamento erano di peso inferiore, e le parti dell’animale più pregiate in particolare, erano in proporzione ancora più ridotte.
Si calcola che una famiglia contadina era in grado di produrre mediamente cibi per una famiglia e mezzo, pertanto nella società di allora circa il settanta per cento della popolazione doveva essere costituita da addetti all’agricoltura
Le popolazioni che vivevano nelle grandi foreste come i Celti e i Germani al tempo delle invasioni barbariche, disponevano di spazi enormi e quindi di una notevole abbondanza di risorse, pertanto vivevano di caccia e di allevamento. In particolare l’allevamento di suini praticato allo stato brado nelle foreste di querce che producevano ghiande, costituiva la fonte principale di cibo per quelle popolazioni. L’Italia e gli altri paesi del Mediterraneo più evoluti, erano al contrario già terre popolose, e tali popolazioni erano orientate quindi verso una attività agricola molto diversa.
L’allevamento che richiedeva grandi pascoli non poteva essere praticato, e pertanto quelle genti si orientarono verso la coltivazione dei cereali. Una medesima area di terreno infatti produce una quantità di cibo come cereali notevolmente superiore alla quantità di carne che si poteva ottenere dalla caccia o dall’allevamento.
Quando nel VI secolo si ebbe una forte contrazione della popolazione, a seguito delle epidemie e della grave situazione politica ed economica creatasi, anche nelle nostre terre la caccia e l’allevamento vennero maggiormente utilizzati, ma tale situazione non durò a lungo, e quando intorno all’XI secolo la popolazione tornò a crescere, si ebbe un deciso ritorno alla tradizionale coltivazione di cereali.
L’alimento base era il pane, non ancora la pasta, accompagnato da altre verdure e formaggi. Solo nell’Ottocento con i nuovi sistemi agricoli e l’uso della refrigerazione per la conservazione del cibo, la quantità di cibo a disposizione aumentò notevolmente (l’ultima carestia nel nostro continente è del 1846-7) e lentamente aumentò la quota di carne nell’alimentazione umana. Anche il sistema di trasporti conobbe un miglioramento, e ciò contribuì ad una migliore distribuzione dei prodotti agro alimentari.
Progressivamente si arrivò ad una alimentazione più varia, anche se non sempre più ricca.
Disponibile ll'indirizzo: http://digilander.libero.it/atticciati/storia/alimentazione.htm. Modificati e adattati per essere postato per Leopoldo Costa.
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