5.09.2012

I RISCHI NEL PIATTO


L’ultimo caso a far clamore è stato quello delle mozzarelle che una volta aperte diventavano blu, probabilmente a causa della contaminazione da parte di un batterio. È un’immagine che faticheremo a cancellare dalla mente, o almeno così ci sembra a caldo. In realtà col tempo il rischio è proprio quello di dimenticare.
Invece l’attenzione deve restare alta: in fondo proprio il caso delle mozzarelle blu è stato portato all’attenzione delle autorità europee dopo la segnalazione di una consumatrice italiana. Tutti possiamo e dobbiamo contribuire a tenere gli occhi aperti contro i rischi per la salute che possono nascondersi nel piatto. Cosa resta sui cibi che mangiamo in seguito ai trattamenti che subiscono lungo la filiera prima di finire sulle nostre tavole? O cosa potrebbe finirci se non vengono trattati in modo corretto? Esistono due tipologie di potenziale pericolo: quello dovuto alle contaminazioni da agenti chimici e il pericolo di contaminazioni microbiologiche.

La chimica a tavola

Le piante subiscono trattamenti per preservarle dall’attacco di insetti e parassiti, gli animali vengono nutriti con mangimi che contengono farmaci veterinari e additivi vari. In base alla dose ingerita e alla tendenza all’accumulo nell’organismo, queste sostanze possono essere del tutto inoffensive per l’uomo, oppure potrebbero provocare intossicazioni, acute o croniche.

Pesticidi

Ampiamente utilizzati in agricoltura per evitare che le coltivazioni siano attaccate da parassiti, muffe, insetti, i pesticidi possono lasciare residui sulla frutta e la verdura. I test svolti periodicamente da Altroconsumo rivelano che la loro presenza in effetti è una costante. Quali sono i rischi? Dipende dal tipo di pesticida, dal suo grado di tossicità, dalla quantità presente. Esistono limiti precauzionali di legge, ma sono pensati per l’organismo degli adulti, e non per quello dei bambini, che in proporzione ne assumono di più. Inoltre la presenza di residui di più farmaci produce una sorta di effetto cocktail le cui conseguenze non sono ancora note.

Residui di farmaci

Alcuni prodotti di origine animale sono particolarmente sensibili a questo tipo di contaminazione. I mangimi dati agli animali contengono spesso antibiotici, usati per prevenire le malattie negli allevamenti intensivi. Nelle più recenti analisi svolte da Altroconsumo i risultati sono stati migliori del previsto, ma su 234 prodotti analizzati in laboratorio, sono comunque stati trovati residui di antibiotici in 7 campioni di miele e uno di gamberetti. L’uso indiscriminato di questi farmaci da parte degli allevatori può portare a lungo andare alla perdita della loro efficacia. E infatti aumentano i batteri resistenti agli antibiotici con conseguenze potenzialmente pericolose per l’uomo.

Nitrati

Sono composti chimici naturalmente presenti nel terreno. La coltivazione intensiva e l’uso di fertilizzanti azotati, ma anche del semplice letame, ne fa aumentare la presenza nella terra e nell’acqua e di conseguenza nelle piante, dove spesso ne restano residui in dosi elevate. Ne contengono in maggior quantità gli ortaggi a foglia verde, come bietole, spinaci, lattuga. Una volta ingeriti i nitrati si trasformano in nitriti i cui effetti, ad altissime dosi, sono tossici. Per fortuna non si tratta delle dosi che si possono raggiungere seguendo una normale alimentazione, però è comunque consigliabile la prudenza, specialmente per i bambini appena svezzati e le donne in gravidanza.

Nitrosamine

Per gli adulti l’attenzione va posta sul rischio che i nitrati si trasformino in nitrosamine. Questo avviene quando i nitriti si uniscono con le amine, presenti negli alimenti ricchi di proteine come la carne, il formaggio e il pesce. Detto questo, è bene chiarire che i benefici derivanti dal consumo di verdure sono comunque sempre superiori ai rischi.

Idrocarburi aromatici policiclici

Si formano durante il processo di combustione e possono essere presenti negli alimenti affumicati, grigliati o cotti al barbecue. I più pericolosi sono i benzopireni, che hanno effetti provatamente cancerogeni.

Metalli pesanti

Cadmio, piombo, mercurio, arsenico sono tutti contaminanti ambientali che derivano da vari processi di lavorazione industriale, dall’attività mineraria all’industria siderurgica, fino alla produzione di batterie. Residui di queste sostanze possono finire nel terreno. A maggior rischio di contaminazione sono le colture di cereali, gli ortaggi a foglia e l’acqua. L’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) ha recentemente messo in guardia sui rischi dell’esposizione al piombo dei bambini, per i possibili effetti nocivi sul loro sistema neurologico. Lavando bene frutta e verdura non si corrono rischi di un’assunzione elevata: la maggior parte dei residui di questi metalli viene infatti eliminata.

Diossine

Tristemente note alle cronache per scandali passati e recenti (pollo alla diossina, mozzarelle di bufala alla diossina…), sono sottoprodotti delle attività industriali e per questo è impossibile proibir-le. Su circa 210 sostanze che rientrano nella definizione, le diossine pericolose per la salute sono 17. Sono molto solubili nei grassi, quindi vengono facilmente assorbite dai tessuti grassi animali e umani. Il rischio principale per l’uomo è quello di assumerle attraverso cibo contaminato.
Gli alimenti di origine animale contribuiscono all’80% dell’esposizione umana, la dose assorbita varia a seconda del tipo di alimentazione seguito. Alcune diossine sono cancerogene per l’uomo; su modelli animali è stata riscontrata anche l’incidenza di disturbi neurologici, problemi all’apparato riproduttivo e al sistema immunitario. Come sempre una dieta varia è la misura di prevenzione migliore. Ridurre il consumo di alimenti di origine animale e mantenere il peso sotto controllo sono altri due consigli da seguire.

Le contaminazioni naturali

L’inquinamento ambientale, i residui di pesticidi, le sostanze di scarto delle lavorazioni industriali non sono gli unici potenziali nemici della sicurezza alimentare. Esiste anche la possibilità di contaminazioni da parte di organismi viventi. Naturali, quindi, ma non per questo meno pericolosi.

Micotossine

Le più note sono le aflatossine, riconosciute cancerogene, ma ve ne sono all’incirca 300. Sono prodotte da alcuni tipi di muffa (soprattutto Aspergillus, Penicillium, Fusarium), che si sviluppano in particolari condizioni ambientali di temperatura e umidità negli alimenti di origine vegetale. Possono prodursi durante la crescita della pianta oppure in seguito, se trasporto, conservazione e trattamento avvengono in maniera impropria. Molti gli alimenti a rischio: cereali, legumi, frutta secca, alcuni frutti, spezie, caffè, vino. Ad allargare ulteriormente il quadro c’è il rischio della loro presenza nei mangimi per animali, che quindi pone tra i sorvegliati speciali anche carne, latte, uova e formaggi provenienti da animali che hanno mangiato cibo contaminato.
Quelle pericolose per l’uomo sono circa una decina; oltre alle aflatossine si sospetta che almeno un altro paio di micotossine siano cancerogene, mentre altre sono correlate a patologie dei reni e del fegato. A differenza di pesticidi e metalli pesanti, per eliminare la maggior parte dei quali basta lavare l’alimento eventualmente contaminato, non ci sono contromisure facilmente applicabili contro le micotossine: se un alimento è stato contaminato alla fonte lo rimane anche quando arriva sulle nostre tavole. Esistono comunque limiti di legge e controlli.

Microrganismi

La presenza di microrganismi negli alimenti è normale ed entro certi limiti inoffensiva. I problemi sorgono quando quei limiti vengono superati per mancanza di igiene o a causa di condizioni di conservazione inadeguate. La principale contromisura domestica da applicare consiste nell’osservare scrupolosamente alcune semplici norme igieniche, che vi illustriamo nel prossimo capitolo. Ma prima di tutto cerchiamo di capire che tipi di microrganismi esistono, qual è il loro ruolo e che conseguenze possono avere su sapore, aspetto e soprattutto salubrità dei cibi che li contengono. I microrganismi presenti nei cibi possono essere suddivisi in tre categorie.

I buoni.
Esistono microrganismi che, impedendo lo sviluppo di germi patogeni, contribuiscono alla trasformazione di alcuni alimenti per ottenere prodotti che si conservano più a lungo. Si tratta per esempio dei bacilli responsabili della fermentazione di yogurt e formaggi, dei lieviti del pane o della birra, o delle muffe che conferiscono personalità ad alcuni formaggi, come il gorgonzola o il roquefort. Sono perciò microrganismi non solo innocui per la salute ma persino utili, perché aggiungono qualcosa di positivo agli alimenti in cui sono contenuti.

I brutti.
Chiameremo così quei microrganismi che, pur non essendo tossici, provocano l’imputridimento degli alimenti contaminati con conseguente peggioramento del loro aspetto, odore fastidioso e pessimo gusto. Se un formaggio o un qualunque altro alimento deperibile ha un aspetto o un odore diversi rispetto a come si presentava quando lo avete acquistato e messo in frigo, è decisamente meglio evitare di mangiarlo.

I cattivi.
ono microrganismi patogeni che possono provocare malattie, anche gravi, nell’uomo (come salmonella, listeria, Escherichia coli). Arrivano agli alimenti tipicamente attraverso il contatto con acqua o terreni contaminati, ma anche gli stessi uomini e gli animali possono esserne portatori. La mancanza di igiene può comportare la contaminazione di un alimento per contatto con la pelle, la saliva o degli escrementi. Infine alcuni batteri possono già essere presenti nell’intestino degli animali e passare poi alla carne una volta che questi sono macellati.

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Barbecue: cottura sicura

La cottura alla brace rende i cibi saporiti, ma bisogna fare attenzione alla scelta e all’uso del barbecue, anche per evitare che si formino sostanze nocive. Ecco qualche consiglio.
1. Scegliete barbecue a fiamma protetta, nei quali il grasso che cola dai cibi non rischia di finire direttamente sulla fonte di calore.
2. Se optate per un barbecue a carbonella sceglietene un modello che consenta di regolare la griglia in altezza e posizionatela ad almeno 10cm dalle braci.
3. Non usate alcol o altri liquidi infiammabili per accendere il barbecue, bensì prodotti specifici oppure carta di giornale e rametti secchi.
4. I cibi da cuocere vanno posti sulla griglia solo quando non ci sono più fiamme vive, di solito circa 30-40 minuti dopo l’accensione.
5. Non usate normali posate per sistemare gli alimenti sulla griglia: meglio dotarsi di utensili specifici per barbecue.

Attenzione al latte crudo

È fresco, ha un buon sapore, ottime qualità nutrizionali e costa molto meno di quello confezionato. Il latte alla spina ha conosciuto negli ultimi anni un buon successo nel nostro paese: viene venduto nei pressi delle aziende agricole dove è prodotto e non subisce alcun trattamento termico. In pratica non viene pastorizzato, perciò conserva tutti i principi nutritivi che nella pastorizzazione vanno persi. Si tratta però di un prodotto che non è privo di rischi se non si rispettano tutte le precauzioni di legge; il problema principale è costituito dalle infezioni da Escherichia coli, un batterio che può avere conseguenze anche molto serie sull’uomo. Ma allora questo alimento va evitato o semplicemente consumato con cautela? Diciamo subito che per chi non abita nei pressi di un distributore di latte alla spina (in genere sono un po’ fuori dai centri abitati) non vale la pena fare molti chilometri per acquistarlo, anche perché essendo un alimento delicato andrebbe messo in fresco immediatamente dopo l’acquisto. Se lo comprate, abbiate l’accortezza di farlo bollire, soprattutto se avete intenzione di darlo ai bambini, e non lasciatelo in frigo per più di un giorno.

Estratti della rivista "Guida alla Sicurezza Alimentare", anno XXXVI, Supplemento n. 2 - di Altroconsumo n. 240 - settembre 2010, p. 4-9,  Milano, Italia, Compilati, digitati  e adattati per essere postato per Leopoldo Costa.

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