La casa della venere in Conchiglia |
Ciò non impediva però che a Roma si svolgesse una vita notturna intensa. Così intensa che molti dei suoi abitanti, pur volendo riposare, non riuscivano a chiudere occhio. Tra chi non dormiva c'erano coloro che vegliavano per dovere, con il compito di garantire la sicurezza dei cittadini, sia contro i malviventi che approfittavano del buio per compiere furti e rapine, sia contro il rischio sempre pres nte di incendi. Durante la Repubblica, i "triumviri notturni", insieme agli edili e ai tribuni della plebe, erano incaricati di gestire lo spegnimento degli incendi che scoppiavano di notte, mentre il lavoro concreto di estinzione era svolto sempre da gruppi di schiavi. Con il passare del tempo tale organizzazione si rivelò insufficient.
le pattuglie notturne
Per risolvere questa ormai conclamata emergenza di carattere urbano, nel 6 d.C. l'imperatore Augusto decretò la formazione del corpo dei vigiles, pattuglie paramilitari il cui compito principale era prevenire e all'occorrenza sedare gli incendi. A questo scopo utilizzavano secchi, asce, picconi, pompe antincendio, ramponi, ganci e coperte imbevute di acqua e aceto per soffocare le fiamme. Il loro arrivo era preceduto da quello di un bucinator, che con una tromba (bucina) dava l'allarme a tutto il quartiere. Il corpo dei vigiles era formato da sette coorti di circa mille effettivi ciascuna, suddivise ognuna in sette centurie. Il comando generale era affidato a un cavaliere, il prefetto dei vigiles, all'interno di un'organizzazione gerarchica analoga a quella delle legioni.
I vigiles tuttavia non erano uomini liberi, perché il loro lavoro non era con iderato onorevole per un cittadino; d'altro canto, poiché non era considerato prudente armare un corpo paramilitare di schiavi, i decise di reclutare Iiberti (ex schiavi liberati). Le loro funzioni andavano oltre l'estinzione degli incendi: si occupavano anche della vigilanza notturna. Si trattava insomma di una milizia urbana con funzioni miste di corpo di pompieri e polizia. L'insicurezza notturna fu una preoccupazione costa nte in epoca imperiale, nonostante la presenza dei vigiles per le strade, che forse erano più occupati a lottare contro gli incendi che a impedire i furti e i crimini. La giurisprudenza stabilì norme che punivano in modo più severo i delitti commessi di notte.
Un rumore insopportabile
Le notti a Roma erano tutt'altro che silenziose. Questo era dovuto in buona parte a una legge promulgata nel 45 a.C. da Giulio Cesare, la Lex Julia Municipalis,che,al fine di decongestionare il traffico cittadino, proibiva tassativamente dall'alba al tramonto la circolazione dei carri che trasportavano merci. Il passaggio in città nelle ore diurne era consentito principalmente a quattro tipologie di carri: quelli destinati al trasporto a Roma delle vestali e dei sacerdoti nei giorni fissati per le cerimonie del culto pubblico; quelli per la celebrazione dei trionfi militari; quelli per le feste connesse ai giochi cittadini e infine quelli per il trasporto di materiali da demolizione o da costruzione per gli edifici religiosi oppure per l'esecuzione di lavori pubblici.
Tutti i rifornimenti che entravano in cittàcon trasporto su ruote dovevano circolare dopo l'ora decima (le tre del pomeriggio in inverno, le cinque d'estate). Stando coslle cose, in piena notte le ruote dei carri con i loro cerchioni di ferro producevano un rumore infernale, girando senza sosta per le strade di pietra della città. Queste ultime risuonavano del trambusto del carico-scarico delle mercanzie e delle grida dei conducenti dei mezzi.ll tutto per la disperazione degli abitanti, che cercavano invano di prendere sonno. Cosl il poeta Marco Valerio Marziale nel I secolo d. C. descrive il silenzio della dimora sul colle Gianicolo nella quale il suo amico Giulio Marziale, lontano dal rumoroso centro urbano, viveva serenamente: "Da lassù... non si sente il rumore delle vetture ...le ruote non sono moleste al placido sonno, che né lavoce dei barcaioli né le grida dei facchini possono interrompere".
Funerali notturni
Un'altra attività consentita solo di notte e regolamentata dalLa Lex Julia Municipalis era il trasporto della spazzatura fuori dalle strade della città su 'carri per l'immondizia trainati da asini o da buoi. È molto probabile che, insieme ai rifiuti, talvolta vi si caricassero anche i cadaveri di mendicanti morti per le strade o quelli di schiavi abbandonati fuori dalle case padronali. La destinazione di questi corpi erano cimiteri comuni come quello che si estendeva, vastissimo, sul colle Esquilino, prima che Mecenate, l'amico e collaboratore di Augusto, vi edificasse la sua ricca villa cittadina. I funerali dei benestanti, a cui partecipavano anche prefiche e musici, solitamente si celebravano di giorno; quelli dei bambini e della gente umile invece, si svolgevano perlopiù di notte. Era allora che si portavano i corpi fuori dalla città su portantine o in bare prese a nolo. Secondo Servio, un grammatico del IV secolo, la parola latina per indicare il funerale funus deriverebbe dal termine funale, che indicava la fiaccola che di notte guidava il corteo funebre.
I lamenti dei poeti
La notti brave degli imperatori Caligola |
Di Elena Pujol, estratti dalla rivista "Storica", anno 4 n. 43 settembre 2012. Compilati, digitati e adattati per essere postato per Leopoldo Costa.
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