12.02.2012

A TAVOLA CON L'IPHONE, È L'ERA DEI FOODIE


Social Network e gastronomia, l'evoluzione dei foodblogger

In principio furono i foodblog. In Italia ce ne sono 3500. Sulla rete si degusta, si cucina e si critica il cibo. Il fenomeno è finito da tempo nel campo di interesse del marketing. Le aziende si mettono in fila per sedurre le migliori firme. In passato Pringles, Philadelphia, Granarolo, I Piccolini Barilla, e da ultimo anche il Parmigiano Reggiano, si sono avvalsi in qualche modo del mondo online. Ma non si tratta del solito banner. La trasmissione del messaggio viene affidata ad esperti-testimonial. La pubblicità non viene più mediata, ma gestita direttamente al consumatore, attraverso figure rappresentative del contesto di riferimento, il famigerato target. Il resto è affidato alla viralità dei contenuti e alla loro forza. Se ne hanno.

L'ARRIVO DEI FOODIE  


La nuova frontiera sono i social network. «Ma I foodblogger hanno lasciato spazio ai foodie. Ovvero chi semplicemente apprezza la buona tavola e a quanto pare la fotografa e condivide online», spiega Domitila Ferrari, social media strategist esperta di food. E quali sono le piattaforme preferite: «Facebook, soprattutto», aggiunge Paola Sucato, che nell’ambito della blogfest organizza il foodcamp. «Ma Instagram e Pinterest sono letteralmente invasi da foto di piatti o prodotti tipici». Twitter è invece sempre sembrato un terreno poco fertile alle contaminazioni gastronomiche. Ma anche qui qualcosa sta cambiando. Ne è una prova Twitstory, controlroom (pannello di controllo) che tiene il polso dei social network per conto delle aziende: «Per testare la piattaforma abbiamo iniziato a monitorare parole come carote zucchine e cipolla. E siamo partiti dal cibo perché è una chiave neutra e quantitativamente potente», dice Francesca Quaratino, una delle promotrici del progetto. I risultati sono che su Twitter non si parla solo di politica, ma anche di zucchine, fagioli e ortaggi vari.

«GENTE DEL FUD»


Il pastificio Garofalo ha tentato una strada nuova, crearsi un proprio «social network», che per resistere ovviamente deve calarsi nella realtà delle piattaforme che già esistono. Il risultato è la community, Gente del Fud, composta da critici, degustatori e chef digitali (per passione): «Volevamo e Vogliamo ancora riscoprire i prodotti dimenticati - si legge sul sito - capirne la storia e la loro bontà, cercando di dare un contributo e un luogo di confronto per sostenere le eccellenze del territorio italiano». L'iniziativa è partita nel 2005, come un «incubatore» di tipicità campane. Ma nell'ultimo periodo sta esplodendo. Su Facebook, in occasione del Salone del Gusto hanno totalizzato oltre 1 milioni di «bacheche», l'equivalente delle pagine viste. «L'universo della gastronomia sta cambiando alla velocità della luce - spiega il creatore dell'iniziativa, il manager Emidio Mansi -. Esiste una tendenza a spendere meglio, a prediligere la qualità alla quantità. E le persone sono attente più al mondo web che ai canali tradizionali».

Di Antonio Castaldo estratti  "Corriere della Sera". Roma, 9 novembre 2012. Compilati, digitati e adattati per essere postato per Leopoldo Costa.

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