3.20.2016

LA STORIA NEL PIATTO



Le origini e la diffusione di alcuni cibi e bevande "rivoluzionari" presenti ancora oggi sulle nostre tavole.

Frutta da re e zucchero dai Caraibi

Dopo lo sbarco di Colombo, nel1492, l'America divenne la "dispensa dei re'. Molti dei prodotti alimentari che provenivano dal Nuovo Mondo furono infatti considerati a lungo più curiosità che ingredienti da mettere in cucina. Tra i prodotti più pregia ti c'era l'ananas. Così prezioso che un secolo e mezzo dopo, nel 1661, i produttori di zucchero delle Barbados (colonia britannica) ottennero dal re d'Inghilterra Carlo I la garanzia di un prezzo minimo per il loro zucchero solo dopo aver donato al sovrano un ananas. Ci vollero infatti un altro paio di decenni prima che nel Nord Europa si potessero coltivare ananas, grazie all'invenzione della serra riscaldata.

Frutti amari. li legame zucchero- Americhe ebbe però un altro risvolto. Nemmeno dieci anni dopo lo sbarco di Colombo, le piantagioni di canna da zucchero dei Caraibi iniziarono a fare concorrenza a quelle di Madeira e delle Canarie. E, sterminati gli indios, il bisogno di manodopera avviò la tratta degli schiavi africani.

La civiltà della birra

Per gli storici è esistito, per secoli, un confine invisibile in Europa: tra la cosiddetta "civiltà" della birra e quella mediterranea del vino. Un modo di bere. il primo, che accomunava gran parte dei Paesi del Nord e dell'Est Europa. Lì infatti erano state messe a punto. nel Medioevo, le tecniche di fermentazione dei cereali (orzo in origine) con le quali si otteneva la "cervogia" (nome medioevale della birra) poi aromatizzata con il luppolo.

Sumera? Ma l'invenzione della bevanda sarebbe più antica. Intorno al 3000 a. C. i Sumeri avevano già scoperto che dagli ingredienti del pane (acqua, cereali e lievito) si otteneva una bevanda dissetante e leggermente inebriante. Dalla Mesopotamia la birra passò poi in Egitto, dovesi chiamava 'zythum'. Considerata "barbara" dai Romani, si diffuse nel I secolo trai Germani (ai quali non si sa come arrivò). Nel VI secolo i monaci d'Irlanda ottennero la birra dal malto (orzo germogliato), esportandone poi la ricetta nei monasteri svizzeri e tedeschi.

Pomodori da ammirare

Senza, non esisterebbero la pizza e gli spaghetti alla bolognese. Eppure quando a metà '500 sbarcò in Italia dall'America. di cui era originario (e dov'era chiamato tomat).Il pomodoro fu apprezzato solo come pianta ornamentale. Nel corso del secolo successivo si iniziò a usarlo come alimento ("Gli italiani mangiano questo frutto in insalata condito con sale, pepe e olio" riportava un dizionario francese del 1704). Ma si dovette aspettare 1800 per la diffusione delle conserve dipomodoro. Solo allora la pasta. prima condita con burro e formaggio, diventò rossa.

Selezionati. Le varietà rosse furono il prodotto di una lunga selezione. In origine il pomodoro era infatti giallastro. Tanto che nel l544. descrivendo i primi esemplari, il senese Pietro Mattioli lo chiamò "mela d'oro". E in Francia divenne "pomme d'amour" ("mela d'amore").

La pasta mediterranea

Gli Etruschi mangiavano lasagne di farro. Prima di loro gli antichi Greci conoscevano già la pasta, da cui il nome che usiamo ancora oggi. Una diffusa diceria vuole invece che gli spaghetti siano giunti in Europa tramite Marco Polo, di ritorno dalla Cina. Ma le cose non stanno così. È vero che il più antico piatto di spaghetti di miglio fu rinvenuto nel Nord-Ovest della Cina e risalirebbe al 4000 a. C., però gli spaghetti cinesi non erano come i nostri: erano a base di soia, perché in Cina non conoscevano allora il frumento.

Pari e ... pasta. Si tratterebbe quindi di due invenzioni indipendenti. A confermare questa ricostruzione c'è un testo del XlI secolo- cent'anni più vecchio del viaggio di Marco Polo- in cui si accenna ai vermicelli: una pasta di grano a fili sottili prodotta vicino a Palermo, probabilmente di origine araba e presto diffusa in Italia.

Pane nero, pane bianco

Pochi alimenti hanno la carica simbolica del pane.ln Mesopotamia si preparavano "schiacciatine" di farina d'orzo, gli Egizi introdussero il li evito e i Greci mangiavano sfoglie di farina cotta in decine di varietà.

Panem et circenses. A Roma si usava l'umile farina di farro ma presto l'ars pistorica (l'attività dei fornai) fu regolata da rigide leggi, segno del valore sociale del pane: nella storia, l'aumento del prezzo del pane ha sempre provocato sommosse. Del resto, in Europa, dal Medioevo fu l'alimento base: nero (disegale, ma in caso di necessità di farina di castagne o persino di ghiande) o bianco (di frumento).

Il gelato arabo-siculo

Una cosa è il gelato, un'altra il sorbetto, dall'arabo sharab ("bere", o dal latino sorbitum, "sorbito").ll primo non è esistito prima della diffusione in Europa dello zucchero, nel XVI secolo, il secondo è un'usanza antica. Già i Greci infatti, per conservare la frutta, scavavano caverne sotterranee dove tenevano la neve, poi consumata aromatizzata con la frutta stessa o con il miele.

Filosofico. ll"padre" del gelato è però considerato il siciliano Francesco Procopio dei Coltelli (1651-1727) che usando lo zucchero al posto del miele e sfruttando nozioni di "chimica applicata" diffuse in Sicilia dagli Arabi, grazie alle quali scoprì come far durare il ghiaccio più a lungo grazie all'uso di sali, fece il salto di qualità. Francesco, trasferi tosi a Parigi, aprì il Café Procope, dove il suo gelato fu accolto con entusiasmo da Voltai re e da altri philosophes.

Polenta. il cibo dei poveri 

Non c'è polenta senza granoturco, ovvero mais. Che, a dispetto del nome, non cresceva in Turchia, ma in America: la sua patria pare sia stata, in origine, il Peru (anche se fu alla base delle civiltà del Centro America). Il nome italiano, dicono gli storici. si spiegherebbe con il fatto che arrivò nel nostro Paese già nel'500 (probabilmente via Venezia) attraverso gli scambi commerciali con i Turchi.

Effetti collaterali.ln poco tempo la farina di mais prese il posto di quella di miglio. E durante le crisi alimentari che colpirono l'Europa nel'600 e nel '700 il granoturco (e la polenta cucinata con la sua farina) fu promosso dalle autorità come soluzione peri più poveri, per esempio nella Pianura padana. Se la dieta a base di polenta sa lvò molti dalla fame, provocò anche, dalmo fino a Novecento inoltrato. ricorrenti epidemie di pellagra. una malattia spesso mortale causata da carenze vitaminiche.

In alto i calici! Arriva il vino

Ne parla anche la Bibbia: Noè, sceso dall'arca dopo il Diluvio, seminò una vigna e "avendo bevuto il vino, si ubriacò" (Genesi, 9:21). La più antica giara di terracotta con residui di uva fermentata che si conosca, rinvenuta in un villaggio neolitico dell'Iran, risale al 5100 a.c.

Celestiale. Furono gli Egizi a fare della viticoltura un'attività su larga scala: antichi geroglifici conservati nella tomba di Nakhta Luxor (del 2000 a. C) illustrano il processo di vinificazione. Il vino (che allora si beveva allungato) giunse in Italia tramite Fenici e Greci, anche se gli Etruschi avevano già i loro vitigni. Impiegato, con il pane, nelle offerte già dai popoli più antichi, ebbe sempre grande valore simbolico, entrando nei riti cristiani.

La forza del merluzzo

l primi a comprendere le potenzialità del Gadus morhua (il merluzzo dell 'Atlantico Settentrionale) furono i Vichinghi. Era infatti la risorsa alimentare più abbondante e nutriente (oltre il 18% di proteine) reperibile alle loro latitudini. Dove, fino al XX secolo, ossa e interiora macerate nel latte erano considerate una prelibatezza.

Esploratori. Essiccato, diventava stoccafisso: una riserva di cibo che permise ai Vichinghi stessi di navigare fino alle coste dell'America intorno al Mille. Dopo aver fatto la fortuna dei pescatori baschi (che avevano scoperto i ricchi banchi dell'Atlantico del Nord), si diffuse nel'400 in Europa (sempre sotto forma di stoccafisso). E nelle stive dei navigatori portoghesi e spagnoli permise i grandi viaggi d'esplorazione. Infine, nel '600. divenne il business principale dei primi coloni inglesi in America, sulle coste del Massachusetts.

Il cioccolato degli indios

Davendo scegliere tra le pietre preziose e anonimi chicchineri, Cristoforo Colombo scelse le pietre preziose. Anche Ferdinando "il Cattolico" non approfondì i possibili usi di quel seme, oggi caposaldo dell'industria dolciaria. Fu il conquistador Hernan Cortés a notare in Messico, nel 1519, i magazzini della capitale ricolmi di fave di cacao. Era così prezioso che si usava come moneta: uno schiavo va leva 100 chicchi, una notte d'amore con una cortigiana 12. E la bevanda che se ne otteneva, il choco/ (la cioccolata), era considerata una prelibatezza da imperatori.

Nobile. Importata in Spagna,la nuova specialità si diffuse tra gli aristocratici.ln Italia pare sia arrivata con Emanuele Filiberto di Savoia, allora generale e condottiero al servizio degli spagnoli, a metà del Cinquecento. Ma fu attraverso la Francia, nel '600. che il cacao conquistò l'Europa.

L'olio dono degli dèi

Gli archeologi lo ritengono uno dei primi alberi co ltivati dall'uomo. Forse in Siria, 6 mila anni fa. Originario del Medio Oriente, l'ulivo, dai cui frutti si ricava l'olio, fu infatti usato fin dall'antichità. Per l'alimentazione, ma anche come unguento, medicinale e combustibile per illuminazione. Molti popoli lo considerarono un dono degli dèi (per gli Egizi, in particolare, di Iside). E nella Bibbia è un ramoscello d'ulivo a segnare la fine del Diluvio.

Oro verde. L'olio garantiva a chi lo coltivava vantaggi economici e sociali. Dal VII secolo a. C. fece la fortuna dei coloni greci nell'Italia del Sud. Successivamente divenne Roma la capitale dell'olio. E fu proprio Roma, dopo la definitiva vittoria contro Cartagine (146 a.C), a promuovere la coltivazione dell'ulivo in tutto il Mediterraneo, assicurandosi il monopolio del commercio dell'olio in Europa.

A cura di A. Carioli e G. Rotondi estratti "Focus Storia",n.55, maggio 2011, pp. 46-49.  Compilati e adattati per essere postato per Leopoldo Costa.

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