6.28.2016

VITA QUOTIDIANA A UR, CAPITALE DELA MESOPOTAMIA




Con oltre 60 mila abitanti divenne una delle prime metropoli. Grazie agli archeologi, oggi sappiamo come si viveva in Mesopotamia 4 mila anni fa.

Narra il libro della Genesi che Abramo partì con la moglie, nonché sorellastra, Sara e la famiglia alla volta di Canaan (la Palestina di oggi) dalla sua città natale: la sumera Ur dei Caldei. Ma dov’era questa città? Secondo gli archeologi dell’Ottocento, nel Sud della Mesopotamia. Molti studiosi oggi per la verità dubitano che si tratti davvero della città biblica. Ma un grande centro chiamato Ur 4mila anni fa esisteva: era vicino alla foce del fiume Eufrate, in riva al mare, sul Golfo Persico. Oggi però il paesaggio è cambiato, a causa dei detriti portati dal fiume, e le sue rovine sono nell’entroterra dell’Iraq, vicino alla città di Nassiriya, a sud di Baghdad.

La città più grande? 

Il centro urbano di Ur è una delle più antiche città del mondo e anche una delle più grandi, una vera metropoli. Fra il 2060 e il 500 a.C. (questo il lungo arco della sua parabola), secondo le stime più plausibili, la popolazione di Ur oscillò fra i 30mila e i 65 mila abitanti. Ciò la rendeva di gran lunga la città più affollata di tutto il mondo antico (anche se sembra che la vicina Uruk al tempo del suo massimo splendore contasse addirittura 80 mila residenti). E anche una delle più potenti: al culmine della sua “carriera” ultramillenaria Ur era il centro amministrativo di tutta la regione e la padrona indiscussa della Mesopotamia, sottomessa dalle sue dinastie regali.

Ma come si viveva in quella “New York” di 4mila anni fa? Intanto bisogna chiarire chi erano i suoi abitanti. Per la prima parte della sua storia erano gente di Sumer, la regione meridionale della Mesopotamia. I Sumeri si erano fermati lì provenendo da un luogo rimasto ignoto. Parlavano una lingua che non appartiene a nessun ceppo linguistico conosciuto, ma inventarono una forma di scrittura, i caratteri cuneiformi, che mise il turbo alla civiltà. E fondarono una serie di città-Stato: Ur, ma anche Uruk e Lagash. Poi, dopo il 2350 a.C. circa, arrivarono i conquistatori accadici. Erano una popolazione semitica calata dalla regione di Accad, un po’ più a nord, e guidata dal re guerriero Sargon.

Primo, mangiare.

Di questi due popoli conosciamo molti aspetti della vita quotidiana che conducevano intorno al III millennio a.C. «Come in tutti gli insediamenti del mondo antico, l’occupazione principale di uomini, donne e bambini nei settori sociali meno elevati era quella di produrre cibo», spiega Franco D’Agostino, co-direttore della Missione Archeologica della Sapienza di Roma ad Abu Tbeirah, una città collegata a Ur e scoperta recentemente e collaboratore agli scavi e ai restauri di Ur insieme al suo team di ricerca. «Oltre il 90% della popolazione era impegnato in attività correlate con questo aspetto fondamentale. E sarà così, di fatto, in tutta la storia umana fino alla Rivoluzione industriale inglese dell’Ottocento. Ogni attività che non fosse gestita dallo Stato (guerra, culto e amministrazione) era appannaggio della famiglia: la pesca, la preparazione dei pasti, la produzione di beni di uso quotidiano, quali vestiti, canne per confezionare contenitori e stuoie, la lavorazione delle pelli erano tutte occupazioni che si svolgevano all’interno del nucleo familiare.

Le uniche realtà “industriali” erano la produzione di ceramica e la lavorazione dei metalli. Una parte del lavoro delle famiglie era gestito dalle istituzioni amministrative del potere centrale, sotto forma di lavoro obbligatorio finalizzato principalmente alla produzione di orzo (alla base dell’alimentazione mesopotamica). Veniva retribuito in natura, con circa un chilo di orzo per ogni giornata lavorativa».

Gradoni terrificanti. 

Tutta la vita pubblica ruotava attorno alla ziqqurat, che rappresentava, insieme al tempio, il luogo più importante in città. Si trattava di un’imponente piramide a gradoni costruita fra il 2112 e il 2004 a.C. La sua struttura simboleggiava il centro dell’universo.

La ziqqurat era dedicata a un dio chiamato Nannar in sumerico e Sin in accadico: una divinità lunare, la principale della città. Nella ziqqurat si svolgevano tutte le cerimonie. Quando venne costruito, nell’assolata e piatta distesa alluvionale tra Tigri ed Eufrate, l’edificio a gradoni doveva stagliarsi chiaramente all’orizzonte, mostrando a tutti l’enorme potenza di Ur. E in fondo era questo che volevano i suoi costruttori, se si considera che il nome sumerico della piramide è "E-temenni-guru", cioè “il tempio le cui fondamenta ispirano terrore reverenziale”. Nannar-Sin però non abitava nella ziqqurat. La statua della divinità era ospitata in un tempio vicino, dove i sacerdoti le offrivano cibo e la accudivano, persino lavandola, come se fosse una persona viva. Se Nannar-Sin fosse stato “rapito”, sarebbe stata la rovina per la città. E infatti la statua veniva spostata soltanto per raggiungere una “divinità consorte”.

Monarchici. 

Regista di tutte queste attività era il re, che governava in nome della divinità cittadina. Attorno a lui c’era una corte sfarzosa: lo sappiamo grazie ai ritrovamenti nelle “tombe reali” di Ur. I nobili e i sacerdoti vivevano in palazzi e case spesso costruite su più livelli, mentre il popolo aveva abitazioni molto più semplici, disposte intorno agli edifici pubblici. Ma questa divisione in classi non deve ingannare: la società mesopotamica era molto più avanzata di quanto immaginiamo. «La donna aveva i suoi diritti, sanciti dalla legge consuetudinaria», spiega D’Agostino. «Le sue proprietà erano tutelate e poteva ereditare beni. E ciò avveniva anche nelle situazioni più drammatiche: le iscrizioni reali, sin dall’epoca arcaica, ricordano la difesa della vedova e dell’orfano come un dovuto atto di giustizia».

Come impiegavano, gli abitanti di Ur, il tempo lasciato libero dal lavoro e dalle cerimonie? «I testi contengono pochi accenni a giochi e divertimenti della quotidianità mesopotamica», risponde D’Agostino. «Ma sono stati trovati alcuni reperti, nel cimitero reale, che sono stati interpretati come giochi di abilità e forse d’azzardo». Dagli scavi di Ur proviene infatti il più antico reperto completo di un gioco da tavolo, il “Gioco reale di Ur”, le cui regole, però, restano misteriose. «Lo svago era rappresentato essenzialmente dalle tante festività religiose che si succedevano durante l’anno». Ad Abu Tbeirah gli archeo logi hanno rinvenuto un sigillo cilindrico su cui è raffigurata la scena di un banchetto, forse un momento di queste festività. «In ogni caso, la vita dei livelli più bassi della società non prevedeva molto tempo libero», conclude l’archeologo.

Tra i “tesori quotidiani” di Ur c’è awnche una stuoia di canne intrecciate antica di 4.200 anni. Serviva a proteggersi dal sole e nell’intreccio sono ancora visibili i fori dove si infilavano i pali. Si trattava di una tenda che copriva gli spazi aperti. Sotto quella protezione qualcuno, 4 mila anni fa, ha consumato un pasto a base di pesce, i cui resti sono arrivati fino a noi, con scodella annessa: il vicino mare, il fiume e i canali erano infatti le “dispense” della città. Insomma, a parte il lavoro obbligatorio, la vita a Ur non era tanto male. E andò avanti così fin verso il 2000 a.C., quando la città giunse al capolinea e fu rasa al suolo. Lo racconta un poema, il Lamento per Ur, che rievoca la distruzione da parte degli Elamiti. La città rifiorì secoli dopo, sotto i Babilonesi, ma non fu mai più la stessa.

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LA FAMIGLIA SECONDO I MESOPOTAMICI

La casa e la famiglia erano il cuore della società mesopotamica: i matrimoni erano una faccenda politica, da regolare con cura. La storia della famiglia in Mesopotamia è lo specchio delle abitudini portate nelle diverse città (e a Ur in particolare) dai popoli che abitarono quella regione migliaia di anni fa: Sumeri, Accadici, Babilonesi e, per ultimi, i Persiani. In comune avevano il ruolo centrale degli uomini nella società. Ciò nonostante, per esempio in epoca sumerica, le donne godevano di alcuni diritti e libertà.

Patriarcali

La civiltà mesopotamica diede vita a una società stratificata, al vertice della quale c’erano il re, i sacerdoti e gli alti funzionari dello Stato. Questa evoluzione, che fu una svolta nella storia dell’umanità, fu resa possibile dallo sviluppo dell’agricoltura stanziale.


Monogami.

La coppia mesopotamica era prevalentemente monogama. Ma un marito poteva avere una seconda moglie o una concubina per assicurare la discendenza alla propria famiglia. E il matrimonio poteva anche essere annullato. Le nozze venivano annotate in appositi registri e si celebravano alla presenza di funzionari, ma senza testimoni: la tutela della donna, con il matrimonio, passava dal padre al marito.

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Abu Tbeirah, la misteriosa città scoperta dagli italiani

La Sapienza di Roma è stata la prima università a riprendere gli scavi in Iraq dopo la seconda guerra del Golfo del 2003. I nostri archeologi si sono messi al lavoro ad Abu Tbeirah, a 16 km da Ur, in uno scavo nato da una collaborazione iniziata nel 2008 con le autorità irachene dell’Università di Dhi Qar e del Consiglio di Stato iracheno per le Antichità e il Patrimonio Archeologico. Dopo una prima ricognizione nel 2010, il team guidato da Franco D’Agostino e Licia Romano ha iniziato una campagna di scavi a gennaio del 2012. Il sito è noto con il nome di Colline di Abramo e non era mai stato indagato.

Città gemella.

Gli archeologi della Sapienza si sono trovati in breve tempo di fronte a un centro di cui ancora non conosciamo il nome e i cui resti risalgono all’incirca al periodo 2400-2150 a.C., lo stesso di Ur (sotto, il sito ripreso da un drone). Lo scenario che ne emerge è quello di due grandi insediamenti (Ur e Abu Tbeirah) politicamente e amministrativamente collegati.

La città scoperta dagli italiani raggiunse un certo splendore e fu un satellite di Ur per una lunga fase della sua storia: era collegata alla capitale da alcuni canali artificiali. Durante cinque campagne di scavi, l’ultima delle quali appena conclusa, gli archeologi hanno riportato alla luce una grande e misteriosa costruzione.

Al tempo di Sargon. «Sicuramente era un edificio istituzionale », dice la co-direttrice della missione, Licia Romano. «Ma è difficile capire di che genere. Con molta probabilità si tratta di un edificio amministrativo specializzato in differenti attività economiche. L’aspetto interessante è però che stiamo portando alla luce testimonianze di un momento storico assai poco noto della città di Ur, quello dell’avvento di Sargon di Accad che per la prima volta, attorno al 2350 a.C., unì tutta la Mesopotamia sotto un’unica dinastia».

Di Laura Gobbo, estratti "Focus Storia", n.115, maggio 2016 p.12-16.  Compilati e adattati per essere postato per Leopoldo Costa.

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