12.30.2011

PROVERBI ITALIANI - AGRICOLTURA

Il proverbio (dal latino proverbium) è una massima che contiene norme, giudizi, dettami o consigli espressi in maniera sintetica e, molto spesso, in metafora, e che sono stati desunti dall’esperienza comune. Essi generalmente riportano una verità (o quello che la gente ritiene sia vero): si dice infatti che i proverbi sono frutto della saggezza popolare o della cosiddetta “filosofia popolare”.

 SU AGRICOLTURA

Agli ulivi, un pazzo sopra (o da capo), e un savio sotto (o da piè).
Come pure: 

Leva da capo e poni da piè.
Cioè bisogna tagliar molto e molto sugare; ma il primoo vale secondo i luoghi.

Albero che non fa frutto, taglia taglia.
Vale anche figuratamente.

All'apparir degli uccelli non gettar seme in terra.
Si può intendere anche del non far cose che poi ti sieno guastate.

A mezzo gennaio, metti l'operaio.
I buoni contandini pigliano spesso a mezzo gennaio l'oprante di fuori per affrettare i lavori, i quali è bene sieno fatti innanzi alla primavera.

A Natale, mezzo pane; a Pasqua, mezzo vino.
Significa che il contadino deve procurare d'avere in casa a Natale la metà del pane per il suo consumo, ed a Pasqua mezzo il vino per le imminenti faccende. Dicesi anche:

A mezzo gennaio, mezzo pane e mezzo pagliaio.

Andare scalzo e seminar fondo, non arricchì giammai persona al mondo.

Ara co' buoi, e semina colle vacche.
Nel lavorare la terra giova fare il solco profondo, ma non tanto poi nella sementa;--e

Chi lavora la terra colle vacche, va al mulino colla pulledra (o colle somare).
Le quali portano poca soma;-e

Ara poco (poco tratto) ma minuto e fondo se tu vuoi empire il granajo da cima a fondo.
Non deesi badare alla quantità, ma alla qualità nel lavoro della terra.

A San Martino la sementa del poverino--come pure

Sta meglio il grano al campo, che al mulino.
In quei giorni il grano da seme vuole già esser sotterrato.

Avaro agricoltor non fu mai ricco.

Beato quel campetto che ha siepe col fossetto.
Cioè difeso ed asciutto.

Casa fatta e vigna posta, non si sa quel che la costa.
Ma si dice anche:

Casa fatta e vigna posta, mai si paga quanto costa.—e

Caro costa la vigna della costa.

Casa fatta, possession disfatta--ovvero

Casa fatta e terra sfatta.
È ben comprare casa in buon essere e podere trasandato.

Cavol riscaldato e garzon ritornato, non fu mai buono--e

Serva tornata non fu mai buona.
Garzoni, gli opranti fissi nelle case dei contadini, quelli che in alcuni luoghi chiamano mesanti, perché gli pagano a mese; ma se una volta gli abbiano licenziati, non è bene ripigliarli: così della garzona, o fante, o guardiana che non sia della famiglia. Serva è generico, e s'intende più spesso di quelle che stanno a servizio nelle case.

Cento scrivani non guardano un fattore, e cento fattori non guardano un contadino.

Chi affitta il suo podere al vicino, aspetti danno o lite o mal mattino--e

Chi affitta sfitta—ovvero

Chi affitta sconficca--e dicesi anche

Chi alluoga accatta.
La Toscana è tutta mezzerie: quindi gli affitti in discredito e non a torto, come speculazione da scioperati o da falliti.

Chi ara da sera a mane, d'ogni solco perde un pane.
Cioe, da Ponente a Levante, perché un lato d'ogni porca rimarrebbe senza sole.

Chi ara il campo innanzi la vernata, avanza di ricolta la brigata.--e

È meglio una buona e secca scalfittura che una buona e molle aratura.
Perché:

Chi ara terra bagnata per tre anni l'ha dissipata.

Chi ara l'uliveto addimanda il frutto--e

Chi lo letamina l'ottiene, chi lo pota lo costringe a fruttar bene.—ma
Il letame quand'è troppo forte alle piante dà la morte.
Se il letame è troppo possente abbrucia la capigliatura delle
radici e non possono queste più ricevere e filtrare i sughi della terra. Allora il sugo fattosi glutinoso si condensa e fa talvolta morire le piante.

Chi assai pone (ed anche Chi lavora e Chi semina) e non custode, assai tribola e poco gode.

Chi ben coltiva il moro, coltiva nel suo campo un gran tesoro.

Chi cava e non mette, le possessioni si disfanno.
S'intende del concime, ed anche del ripiantare.

Chi disfà bosco e prà, si fa danno e non lo sa--e

Chi ha un buon prà, ha un tesoro e non lo sa.

Chi disse piano, disse tanto piano, che non ne toccò a tutti.
Nel primo caso piano vuol dire pianura, nel secondo vale a voce bassa. Questo gioco di parole sta a significare che le terre in pianura sono desiderate da molti.

Chi dorme d'agosto, dorme a suo costo.
L'estate non è stagione da oziare pe' contadini: Qui stertit æstate, filius confusionis. (Proverbi.)

Chi fa le fave senza concio, le raccoglie senza baccelli.
Fare per seminare.

Chi ha bachi non dorma.

Chi ha carro e buoi, fa bene i fatti suoi.

Chi ha quattrini da buttar via (o Chi ha del pan da tirar via), tenga l'opre e non cistia.
Tener l'opre, pigliare gente di fuori per fare un lavoro;--e

Fa più il padrone co' suoi occhi, che l'opre col badile.
Badile, strumento di ferro simile alla pala per cavar fossati.

Chi ha tutto il suo in un loco, l'ha nel foco.
Cioè in pericolo.

Chi ha un buon orto, ha un buon porco--e

Chi non ha orto e non ammazza porco, tutto l'anno sta a muso torto.

Chi ha vigna ha tigna.
Usasi a Roma dove le vigne recano grandi fastidj. (SERDONATI.)

Chi ha zolle, stia con le zolle.

Chi lavora di settembre, fa bel solco e poco rende.

Chi lo beve (il campo), non lo mangia.
Nei campi troppo vitati, la sementa rende poco.

Chi non ha il gatto mantiene i topi e chi l'ha mantiene i topi e il gatto.
Vale che, chi tiene il custode dei campi per guardarli dai ladri, spesso non fa che mantenere il custode ed i ladri. Il che deve render cauti i proprietari nella scelta di questo custode. (PASQUALIGO, Prov. ven.)

Chi non semina non ricoglie.
Si usa anche figuratamente.

Chi non sa comprare compri giovane--e

Sulla gioventù non si fece mai male.
Nella compra del bestiame e in altre cose ancora.

Chi pianta datteri non ne mangia.
Credesi che il dattero duri cento anni prima di dar frutto.

Chi pon cavolo d'aprile, tutto l'anno se ne ride.
Posto in aprile spiga presto, ma non fa grumolo.

Chi prima nasce, prima pasce.
Il grano seminato per tempo tallisce meglio.

Chi semina buon grano, ha poi buon pane; chi semina il lupino, non ha né pan né vino.

Chi semina con l'acqua, raccoglie col paniere--e

Chi semina nella mota raccolta vuota—e

Chi semina nella polvere, faccia i granaj di rovere—e

Le fave nel motaccio, e il gran nel polveraccio.
Nessuna sementa si fa bene nel terreno molle. Vero è però che l'ultimo di questi proverbi è anche usato diversamente secondo i luoghi; ed in alcuni dispiace la sementa troppo asciutta. Tempo sementino chiamano quelle giornate coperte, ma non però troppo fredde, con un po' di nebbia la mattina ed ogni tanto una pioggerella, dopo la quale il capoccio esce fuori a seminare anche a rischio di dovere per qualche altra scossetta rifarsi più volte, cogliendo il tempo ed agiatamente, come sogliono d'ogni faccenda.

Chi semina fave, pispola grano.
La miglior caloria è quella delle fave.

Chi semina in rompone (o arrompone) raccoglie in brontolone.
Chi aspetta a rompere i campi a sementa, oppure, chi semina nel campo solamente rotto e non rilavorato e messo a seme, raccoglie poco. (LAMBRUSCHINI.)

Chi semina sulla strada, stanca i buoi e perde la semenza.

Chi vuol di vena un granajo lo semini di febbraio.

Chi vuole aver del mosto, zappi le viti d'agosto.
E un altro dice:

Chi pota di maggio e zappa d'agosto, non raccoglie né pane né mosto.

Chi vuole ingannare il suo vicino, ponga l'ulivo grosso e il fico piccolino.

Chi vuole il buon bacato, per San Marco o posto o nato--e

A San Marco (25 aprile) il baco a processione—e

A San Marco nato, a San Giovanni assetato.

Chi vuole tutte l'ulive non ha tutto l'olio--e

Chi vuole tutta l'uva non ha buon vino.
Cioè che ad averlo buono vuolsi l'uva ben matura e non affrettarsi a vendemmiare, come fanno i contadini per la paura che sia rubata. E chi vuole tutto l'olio gli conviene aspettare e rassegnarsi se qualche oliva gli casca.--Ma il proverbio non tiene più, dacché si è visto che le olive con lo stare troppo sulla pianta danno olio peggiore; e dicesi anche:

Dal fiore al coppo vi è un gran trotto.
Detto dell'ulivo quando fiorisce molto, ma prima che sia a maturità vi son di gran pericoli.

Chi vuole un buon agliaio, lo ponga di gennaio.

Chi vuole un buon potato, più un occhio e meno un capo.
S'intende della vite, alla quale pure fanno dire:

Fammi povera, ti farò ricco—e

Ramo corto, vendemmia lunga.

Chi vuole un buon rapuglio, lo semini in luglio--e

Se vuoi la buona rapa, per Santa Maria (15 agosto) sia nata.

Chi vuole un'oca fina, a ingrassare la metta a Santa Caterina.
I contadini un po' agiati mettono ad ingrassare delle oche, le quali sogliono poi uccidere a santa Lucia (13 dicembre) e le conservano per la state, come più universalmente si suol fare del porco.

Chi vuole un pero ne ponga cento, e chi cento susini ne ponga un solo.

Chi vuol vin dolce non imbotti agresto.
E nel figurato significa, chi vuole dolce vita non metta male.

Con un par di polli, si compra un podere.
Lo dicono i contadini della facilità di mutar podere.

Da San Gallo (16 ottobre) ara il monte e semina la valle.

Dice il porco, dammi dammi, né mi contar mesi né anni.
E dicesi anche:

Da vivo nessun profitto e da morto tutto—e

Il porco vuol mangiare sporco e dormire pulito.

Di settembre e d'agosto, bevi il vin vecchio e lascia stare il mosto.
Non t'affrettare alla vendemmia; ma

D'ottobre il vin nelle doghe—e

A vendemmia bagnata la botte è tosto consolata.

Dove è abbondanza di legno, ivi è carestia di biade.
Ne' luoghi boschivi, ed anche nei terreni molto piantati:--e

Piante tante, spighe poche.

Dove non va acqua ci vuol la zappa.
Cioè in collina.

Dove passi il campano nasce il grano.
Il campano pende dal collo del becco, guida dell'armento che ingrassa i campi.

È meglio dare e pentire, che tenere e patire.
Può intendersi d'ogni cosa, ma principalmente del bestiame. Giovano le spesse vendite ancoraché si guadagni poco, perché a tenere le bestie lungo tempo sulla stalla consumano troppo.

È meglio un beccafico che una cornacchia.
Intende che s'abbiano a comprare bestie grasse.

Fammi fattore un anno, se sarò povero mio danno.
E altramente:

Fattore, fatto re.

Fattore nuovo, tre dì buono.

Figlio di fava e babbo di lino.
Le fave quando riscoppiano dopo il gelo, fanno il loro frutto, non così il lino. (LASTRI.)

Formento, fava e fieno non si volsero mai bene.
È difficile che tutti Re provino bene lo stesso anno.

Gente assai, fanno assai, ma mangian troppo, (o grande schiamazzo e lavoro mai).
Dei molti opranti a giornata e dei garzoni.

Giugno, la falce in pugno; se non è in pugno bene, luglio ne viene.
Di luglio è tardi a segare il grano: ma fa poi male anco chi anticipa temendo che il sole troppo repente gli dia, come suol dirsi, la stretta, perché

Non v'è la peggio stretta di quella della falce.

Gran fecondità non viene a maturità.

Grano e corna vanno insieme.
Quando il primo è a buon mercato, il bestiame non è caro, e viceversa.

Grano già nato non è mai perso.

Gran pesto fa buon cesto.

Il bue lascialo pisciare e saziar di arare.

Il buon lavoratore rompe il cattivo annuale.
Annuale, è voce solenne dei contadini per annata, cioè, per l'insieme delle stagioni, o del prodotto di un anno.

Il gran rado non fa vergogna all'aja.
Loda seminare il grano rado. Quanto al grano turco dicesi:

Fatti in là fratello se tu vuoi che facciamo un bel castello.
Cioè una bella pannocchia;--e

Scalzami piccolo e incalzami grande.
È il gran turco che parla: ed è savio consiglio seguito dai buoni agricoltori. E quando si dice:

Del fitto non ne beccan le passere.
Deve intendersi che non ne beccano, perché il grano viene di cattiva qualità, e le passere, come gli altri uccelli, cercano sempre il migliore.

Il campo con la gobba dà la robba.

Il fieno folto si taglia meglio del chiaro.
Nel mentre che il proverbio accenna un fatto chiaro per sé, dà anche un buon consiglio per la seminatura dell'erbe.

Il lino per San Bernardino (20 maggio) vuol fiorire alto o piccino.

Il guadagno si fa il giorno della compra.
Detto specialmente del bestiame.

Il miglio mantiene la fame in casa.

Il miglio seminato spesso è a carico, e non leva la fame.

Il pennato è quello che fa la foglia.
Il gelso si rinforza tagliandolo per l'anno seguente; ma il coltello, come dicono i nostri villani, dev'essere ben tagliente onde non iscorticare quella pianta delicata, che altrimenti ne soffrirebbe assai, anziché averne vantaggio.

Il proprietario di campagna trema sei mesi dal freddo e sei dalla paura.

Il sugo non è santo, ma dove casca fa miracoli.

Il vecchio pianta la vigna, e il giovine la vendemmia.

Il vino nel sasso, ed il popone nel terren grasso.

In campo stracco, di grano nasce loglio.

In montagna chi non vi pota non vi magna.

L'acqua fa l'orto.

La pecora ha l'oro sotto la coda.
Pel concime: onde dice

La pecora sul c. . . è benedetta e nella bocca maledetta--ovvero

La pecora sarebbe buona se la bocca l'avesse in montagna ed il c... in campagna.
Cioe il suo dente è fatale alle piante;--e

La pecora è per il povero, non il povero per la pecora.
Rende molto ma vuol esser trattata bene. (PASQUALIGO, Proverbi veneti).

La prima oliva è oro, la seconda argento, la terza non val niente.

La saggina ha la vita lunga.
Sta molto sotto terra prima di nascere; ma con un gioco di parole s'adopra pure a significare la felicità del saggio.

La segale nella polverina e il grano nella pantanina.
La segale vuol terreno piuttosto sottile; il grano ama le terre grosse che si chiamano pantanine, perché sono atte a far pantano (LAMBRUSCHINI.)

La segale o il segalato fece morir di fame la comare.

Lavora o abborraccia, ma semina finché non diaccia--e

O molle o asciutto, per San Luca (18 ottobre) semina.

Lavoratore buono, d'un podere ne fa due; cattivo ne fa un mezzo.

Le bestie vecchie muoiono nella stalla de' contadini minchioni.

Loda il monte e tienti al piano.

L'orzòla, dopo due mesi va e ricòla.
Va' e ricoglila.

Molta terra, terra poca; poca terra, terra molta.
La molta terra lavorata male, equivale alla poca, e viceversa: Laudato ingentia rura, Exiguum colito. (Georgiche.) E l'Alamanni. Che assai frutto maggior riporta il poco

Quando ben culto sia, che il molto inculto

Neanche il contadino ara bene se non s'inchina.

Non mi dare e non mi tòrre; non mi toccar quando son molle.

È la vite che parla;--e

Se tu vuoi della vite trionfare, non gli tòrre e non gli dare, e più di due volte non la legare--e

L'annestare sta nel legare.
Le viti si contentano di non esser governate, purché non si spolpi il terreno intorno alle barbe con far semente che lo dissughino.--Non mi toccare quando son molle, appartiene al potare, e così il più di due volte non mi legare, che non avrebbe senso opportuno dove le viti vanno su' luppi, ma per le viti basse vuol dire che il capo lasciato non sia tanto lungo da doverlo legare più di due volte (LAMBRUSCHINI);--e

Vangami nella polvere, incalzami nel fango, io ti darò buon vino.

Non s'ara come s'erpica.
Arare come s'erpica farebbe lavoro troppo leggiero; mai può valere figuratamente, che ogni cosa vuole il suo modo.

Per arricchire bisogna invitire (o avvitire).
Cioè, piantar viti.

Per fare un buon campo ci vuole quattro m: manzi, moneta, merda e mano.

Per San Gallo (16 ottobre) para via e non fai fallo.
Para via, conduci i bovi aggiogati sul campo per arare.

Per San Luca chi non ha seminato si speluca.
Si speluca, si batte l'anca e si mette le mani ai capelli. Perciò bisogna arare la terra sia molle o asciutta. (PASQUALIGO, Prov. ven.).

Per Sant'Andrea piglia il porco per la sèa (setola); se tu non lo puoi pigliare, fino a Natale lascialo andare--e

Per San Tomè, piglia il porco per lo piè.
I contadini un po' agiati ingrassano un porco, il quale sogliono ammazzare al principio dell'inverno, e serve poi tutto l'anno pel consumo della casa.

Per Santa Croce e San Cipriano semina in costa e semina in piano.
Proverbio spagnuolo.

Per Santa Maria Maddalena (22 luglio) si taglia la vena.
Per Sant'Urbano (25 maggio) tristo quel contadino che ha l'agnello in mano.

Poco mosto, vil d'agosto--ovvero

Poco vino vende vino, molto vino guarda vino—o

Poco vino vendi al tino; assai mosto serba a agosto--e Poca uva, molto vino; poco grano, manco pane. Quando v'è molto vino, molto se ne beve, e nell'estate rincara; ma quando è poco, si fa bastare: il pane si finisce presto.

Poni i porri e sega il fieno, a qualcosa la chiapperemo.

Pota tardi e semina presto, se un anno fallirai, quattro ne assicurerai.

Presto per natura, e tardi per ventura.
Delle sementi, che fatte tardi è gran ventura se corrispondono; per il che si dice:

Chi semina a buon'ora, qualche volta falla, e chi semina tardi, falla quasi sempre.

Quando canta il Cucco v'è da far per tutto; o cantare o non cantare, per tutto c'è da fare.

Quando canta il Ghirlindò (o Ghirlingò), chi ha cattivo padron mutar lo può.

Quando canta il Fringuello, buono o cattivo, tienti a quello.
Ghirlingò o Zirlingò, è un uccelletto che canta la primavera; il Fringuello canta il verno;--e

Quando canta il Merlo, chi ha padron si attenga a quello.
Canta di settembre e d'ottobre, vegnente il verno, nel quale tempo è mala cosa ai contadini trovarsi senza padrone. Il tempo utile per le disdette scade in Toscana a' 30 novembre.

Quando canta l'Assiolo, contadin, semina il fagiolo.

Quando il grano ricasca, il contadino si rizza.
Quando il grano ricasca è segno che v'è molta paglia, ossia, che il grano è fitto e rigoglioso. E però quando pure renda meno, perché allettato, sempre si raccoglie più che quando è misero. (LAMBRUSCHINI). Il grano ritto sullo stelo accusa spiga leggiera e piuttosto scarsa.

Quando il grano è ne' campi, è di Dio e de' Santi; (o è di tutti quanti).
È sempre esposto a mille casi: ma

Quando è su' granai (o solai) non se ne può aver senza denai.

Quando la terra vede la vena per sett'anni la terra trema.
Smunge il terreno.

Quando luce e dà il sole, il pastor non fa parole.
Esce subito con le pecore alla campagna.

Quando mette la querciola, e tu semina la cicerchiola.

Quanto più ciondola, più ugne.
L'ulivo.

Quattrin sotto il tetto, quattrin benedetto--e

Guadagno sotto il tetto, guadagno benedetto—e

Dove son corna, son quattrini.
Il guadagno della stalla è parte principalissima nella economia del podere.

Rivoltami, che mi vedrai.

Parla qui la terra chiedendo vanga, della quale dicesi:

La vanga ha la punta d'oro—e

Chi vanga non l'inganna.
Cioè, con elissi famigliarmente ardita: chi vanga, dal vangare non è ingannato; il vangare non lo inganna, non lo tradisce, gli porta frutto; e di chi va molto a fondo negli scassi fino a cercare la terra giovine.

Il curioso raccoglie frutto--e quindi

Vanga piatta poco attacca; vanga ritta, terra ricca; vanga sotto, ricca al doppio—e

Vanga e zappa non vuol digiuno.
Cioè la vanga e la zappa vogliono uomo ben pasciutto che lavori forte. E dello strumento:

Chi vuol lavoro degno, assai ferro e poco legno.
Cioè sia la vangheggiola lunga. Havvene altro grazioso usato in Sicilia che gli abbraccia tutti:

L'aratro ha la punta di ferro; la zappa l'ha d'argento; D'oro l'ha la vanga; e quando vuoi far lavoro degno, metti tra la vanga molto ferro e poco legno.

Rovo, in buona terra covo.
Dove allignano i rovi, i roghi, la terra è buona pel grano. (LAMBRUSCHINI.)

San Luca, cava la rapa e metti la zucca.

Se ari male, peggio mieterai.

Se d'aprile a potar vai, contadino, molt'acqua beverai e poco vino--e

Chi nel marzo non pota la sua vigna, perde la vendemmia.
Bisogna aver potato prima.

Sega l'erba a luna nuova e la vacca al bisogno trova.
Perché allora più prontamente rigermogliano le erbe. Causa ne sarebbe la maggiore umidità dell'atmostera nei novilunii.

Se il coltivatore non è più forte della su' terra, questa finisce col divorarlo.

Se tagli un cardo in april, ne nascon mille.

Se tu vuoi empir le tina, zappa il miglio in orecchina.
Il miglio si fa spesso sulle prode addosso ai filari: quindi a zapparlo conviene andare a sentita, o quasi stare in orecchie, per non offendere le barbe alle viti.

Solco rado empie il granaio.

Tante tramute, tante cadute--ovvero

Ogni muta, una caduta.
Correggere i padroni troppo facili a mutare i lavoratori; e i lavoratori troppo facili a mutar padrone.

Terra bianca, tosto stanca--e all'incontro

Terra nera, buon grano mena.

Terra coltivata, ricolta sperata.

Terra magra fa buon frutto.
Genera frutta saporite.

Terren grasso villano a spasso.

Tra mal d'occhio e l'acqua cotta, al padron non gliene tocca.
Della raccolta delle fave: non gliene tocca cioè, tra 'l maldocchio o i succiameli che le distruggono, e i contadini che le cuocciono e se le mangiano innanzi di dividerle col padrone.

Tre cose vuole il campo: buon lavoratore, buon seme e buon tempo.

Vigna al nugolo fa debol vino.
Cioè vigna con poco sole, sia colpa del luogo dov'è posta o dell'annata oscura e piovosa.

Vigna piantata da me, moro da mio padre, olivo dal mio nonno.


Scritto per Giuseppe Giusti (1809-1850) pubblicato come 'DIZIONARIO DEI PROVERBI ITALIANI (Raccolta di proverbi toscani)-con aggiunte e avvertimenti di Gino Capponi, Francesco Libri, 2002, p.13-19 . Digitalizzati, adattato e illustrato per Leopoldo Costa

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